De Silvestro, una valigia piena di sogni per la Corea
SAN VITO. Un biglietto aereo per la Corea del Sud tra le mani ed un carico di speranze nel cuore. A poco più di quattro anni da quel maledetto incidente, René De Silvestro è pronto a tuffarsi nell’avventura più importante ed elettrizzante della sua “seconda vita” di uomo ed atleta disabile.
Lo sport visto come perfetta sintesi di quello che è in grado di offrire la vita: prima ti toglie e poi, lasciando correre il destino lungo una linea sottile, ti restituisce tutto quando meno te l’aspetti. La storia di René De Silvestro, primo cadorino della storia a partecipare alle Paralimpiadi, si riassume così per la felicità e la soddisfazione dello stesso, straordinario esempio di forza di volontà, abnegazione e vitalità.
René, prima di parlare delle Paralimpiadi ti va di fare un salto indietro partendo da quel 22 dicembre del 2013?
«Ho iniziato a sciare all’età di sei anni, a 17 ho avuto un brutto incidente in pista che mi ha relegato su una carrozzina. L’inizio è stato molto difficile, sia per me, che per tutti coloro che avevo a fianco, a partire dalla mia famiglia. Oggi, a distanza di anni, quell’episodio ha assunto un’accezione straordinariamente positiva. Mettiamola così: senza quell’incidente non avrei mai partecipato ad una manifestazione come le Paralimpiadi».
Quando e come è nata la pazza idea di trasformare la disabilità in un’attività sportiva di caratura professionistica?
«Nel 2015. Avevo iniziato a fare qualche allenamento quando in occasione della tappa di coppa del mondo femminile a Cortina, grazie all’interessamento dell’amico Stefano Menegus presidente della Polisportiva Caprioli, ho conosciuto Valerio Ghirardi che a quei tempi era l’allenatore di Tina Maze. Mi convinse a cimentarmi con le prime gare del campionato italiano. Ricordo perfettamente la prima gara di Folgarìa, era il febbraio del 2015. Sono caduto per colpa di un monosci troppo lento. Da allora tante cose sono cambiate».
Determinante nel tuo processo di crescita professionale e non solo è stato l’incontro con Luca Lacedelli dello sci club Druscié.
«Assolutamente. Luca, insieme ad Orlando Maruggi, rappresenta un punto fermo. È stata una grande fortuna incrociarlo nella mia vita, lui che aveva già portato alle Paralimpiadi il cortinese Fabrizio Zardini, medaglia d’oro nei primi anni duemila».
Raccontaci il percorso, umano e sportivo, che ti ha portato alle Paralimpiadi di Pyeongchang 2018.
«Mi sono sempre allenato cercando di alzare l’asticella a piccoli passi, uno per volta senza guardare troppo oltre. Io sono così, uno step alla volta, anche se a volte mi lascio perdere dall’ansia di voler strafare, un errore che spesso mi ha portato a sbagliare anche in gara e che spero non avvenga in Corea. Ho dedicato la mia vita da disabile allo sport, allo sci in modo particolare, anche se tra primavera, estate ed autunno mi cimento anche con l’atletica indossando la gloriosa casacca della Polisportiva Caprioli a cui sono molto legato. Ogni giorno mi alzo alle sei per allenarmi, tranne il lunedì. Costanza e abnegazione sono stati i segreti per raggiungere le Paralimpiadi, il bello viene adesso però».
E certo, perché René De Silvestro parte per la Corea del Sud con il chiaro intento di ben figurare.
«Il mio obiettivo è conquistare almeno un podio, partecipare non basta in determinate manifestazioni. Gareggerò nella categoria Sitting, unico dei tre componenti della squadra italiana. Ho ottime sensazioni per quanto riguarda gigante e slalom ma le specialità sono cinque. Andrò a caccia di una medaglia in ognuna di esse».
Lasciamo per un attimo nuovamente da parte le Paralimpiadi e parliamo del tuo rapporto con San Vito e Cortina: quanto è difficile fare sport in montagna per un atleta disabile?
«La vita di montagna spesso risulta complicata alle persone normali, figuriamoci per un disabile. Ma questo non l’ho mai visto come un limite, io amo le mie montagne e non potrei mai starne senza. Ho accettato la sfida anche sotto questo punto di vista e l’ho vinta grazie soprattutto all’aiuto dei miei amici oltre che della mia famiglia naturalmente. L’attività sportiva di un disabile nasconde costi esorbitanti ma da questo punto di vista la comunità cadorina ed ampezzana mi hanno dato una grossa mano. I ringraziamenti in tal senso sono tantissimi, cito su tutti il Comune di Cortina ed il mio sponsor personale E.Ma.Price senza del quale non sarei mai arrivato dove sono ora».
Nel frattempo, anche grazie a te, c’è un movimento sportivo che cresce in un territorio complicato come quello montano.
«Mi fa piacere che molti ragazzi disabili abbiano preso il sottoscritto come esempio da perseguire. La Polisportiva Caprioli oggi vanta sei atleti che gareggiano nelle categorie Fispes. Mi piace sottolineare il ritorno alle manifestazioni sportive di un grande atleta come lo zumellese Germano Bernardi, che aveva smesso. Spero che la mia partecipazione alle Paralimpiadi possa accrescere ulteriormente l’attenzione attorno al nostro movimento. In tal senso sono stati fatti negli ultimi anni enormi passi da gigante, merito anche di quel vulcano che risponde al nome di Bebe Vio, che è un esempio positivo per tutti noi».
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