Deborah Gelisio sogna la quarta Olimpiade
MEL. Obiettivo Rio: Deborah Gelisio chiede a Babbo Natale un pass per le prossime Olimpiadi, consapevole che sotto l’albero potrebbe invece trovare solo cenere e carbone. La letterina è stata già inviata e Babbo Natale ha un nome ed un cognome: Albano Pera. Sarà infatti il direttore tecnico della nazionale azzurra di trap a decidere chi, insieme a Silvana Stanco, rappresenterà l’Italia in Brasile la prossima estate. Tutta “colpa” del nuovo regolamento internazionale, modificato in vista del quadriennio 2016-2020 per la consegna delle carte olimpiche. Per il tiro a volo nella specialità fossa, una carta olimpica è stata già assegnata all’atleta di punta delle Fiamme Gialle, mentre la seconda convocazione verrà decisa dall’area tecnica una volta spulciati a fondo risultati e piazzamenti della stagione che prenderà il via a marzo. A creare questa scomoda situazione è stato (anche) il flop mondiale dello scorso settembre, che ha strappato in faccia all’Italia rosa del tiro a volo la seconda carta olimpica disponibile. Risultato? Due le “litiganti” in ballo, forse tre, di cui una sola salirà sul volo con destinazione Rio de Janeiro.
«Vorrei tanto che quel posto fosse mio e darò tutta me stessa affinchè questo accada» commenta Deborah Gelisio, «ma da atleta e persona onesta e corretta dico anche che al momento la favorita è Jessica Rossi, che ha un grosso vantaggio dovuto alla vittoria dell’oro di Londra 2012. La possibilità di difendere quell’oro a Rio la spinge di diritto verso la convocazione, ma visto che l’ultima parola spetta al selezionatore sperare non costa nulla. Farò di tutto per metterlo in difficoltà nei prossimi mesi poi però, se non sarò io ad andare a Rio, farò il tifo per le mie compagne rispettando ogni decisione dell’area tecnica. Sportivamente parlando sarà lotta aperta».
Ha le idee chiare, ma qual è la sua condizione fisica al momento?
«Il 27 novembre ho subito un intervento per risolvere un problema ad un piede che mi trascinavo da troppo tempo e che mi ha condizionato nelle ultime uscite», spiega l’atleta dalla sua casa di Mel dove trascorrerà le feste di Natale in convalescenza in attesa della ripresa delle attività agonistiche, «operazione che mi costringerà ad uno stop forzato di 45 giorni. L’intervento è stato programmato in piena sintonia con lo staff medico della nazionale ed il parere positivo dell’allenatore Albano Pera anche in prospettiva dei tempi di ripresa abbastanza lunghi. In tutti i modi cercherò di recuperare il tempo perduto nel minor tempo possibile ma non nego che la soluzione del problema al piede è stata fatta anche in funzione di una possibile partecipazione alle Olimpiadi».
Non mancano voci di possibili incomprensioni o potenziali polemiche strumentali legata alle prossime convocazioni iridate. Qual è la sua posizione?
«Ci tengo a chiarire che ho un ottimo rapporto con le mie compagne e colleghe ma soprattutto col selezionatore Albano Pera con il quale sono cresciuta muovendo i primi passi nella fossa per poi approdare nel double trap. Quest’ultima è la specialità in cui mi sono trovata meglio e non posso negare che la sua cancellazione con il conseguente ritorno alla fossa olimpica ha rappresentato un grosso limite per la mia carriera, comunque molto positiva e di cui vado particolarmente fiera».
Tutta la sua concentrazione e suoi programmi in questo momento sembrano avere come comune denominatore la partecipazione alle prossime Olimpiadi di Rio de Janeiro, è così?
«Quel che è certo è che sin da ora mi sento a posto con la mia coscienza, consapevole di aver fatto tutto il possibile. Non ho nulla da rimproverarmi e non avrò nulla da rimproverarmi anche ad agosto».
Lei ha partecipato a tre Olimpiadi e avrà sicuramente molti momenti indimenticabili.
«Per qualsiasi atleta il sogno è rappresentare la propria nazione alle Olimpiadi. Io ho avuto la fortuna di realizzare questo sogno per ben tre volte ma ognuna di quelle esperienza è stata molto diversa dall’altra. Non esiste una Olimpiade uguale all’altra, in qualsiasi disciplina. Il clima olimpico è molto pesante, la pressione è elevatissima perché in pochi secondi rischi di rovinare quattro anni di duro lavoro. Si vive sul filo del rasoio nella speranza che anche la fortuna faccia la sua parte. Certamente l’obiettivo è la medaglia d’oro ma in base a quanto appena raccontato un piazzamento sul podio vale comunque una vittoria. È il caso della medaglia d’argento che ho vinto a Sidney: la meta fu ampiamente raggiunta e festeggiata a lungo. Quello, ancora oggi, è il momento più bello ed importante della mia carriera ormai ventennale anche se sono tante altre le pagine che ricordo con piacere».
Ci parli un po’ della sua specialità, la pratica del tiro a volo è soprattutto una questione di testa?
«Il nostro è uno sport molto particolare che richiede grande attenzione perché si vive costantemente su un filo sottilissimo con margini di errore impercettibili. Oltre all’aspetto tecnico è fondamentale un supporto psicologico praticamente perfetto altrimenti è dura raggiungere anche il traguardo minimo. Ora ci aspettano un paio di mesi di inattività che io trascorrerò nella tranquillità di casa a Mel, anche se il riposo è relativo visto che non si stacca mai del tutto la spina. Da marzo poi si tornerà a trottare, l’importante sarà farsi trovare pronti in quell’occasione. Nel caso mio, visto l’infortunio, non credo a marzo di essere già al top della forma ma mi rendo conto che il tempo stringe e nessuno mi aspetta».
Tornando alla stagione agonistica 2016 che culminerà con le Olimpiadi di Rio, è arrivata la convocazione di Pera nella selezione azzurra di fossa olimpica senior. A farle compagnia ci sono Martina Bartolomei, Federica Caporuscio, Lisa Nicole Marzo, Alessia Montanino, Valeria Raffaelli, Jessica Rossi e Silvana Stanco. Com’è il rapporto con queste ragazze?
«Squadra forte e gruppo coeso e affiatato che vanta una conoscenza di lunga data. Nel nostro sport molto spesso il nemico non è l’avversario ma il piattello. Ogni risultato dipende da te stessa più che dagli altri. Per quanto mi riguarda sono ottimista e assolutamente fiduciosa, consapevole della battaglia, sportivamente parlando, che mi attende. Nel 2016 compirò quarant’anni, questo significa che Rio potrebbe rappresentare la mia ultima occasione per partecipare ad una Olimpiade. Un motivo in più per esserci. Quel treno, dopo, potrebbe non passare più anche se il mio innato ottimismo mi spinge comunque a guardare con fiducia nel futuro. E allora se Rio non rappresenta l’ultima occasione, sicuramente sarà la penultima».
Sembra che a “spingerla” all’ombra del Cristo Redentore possa esserci anche la cabala. C’è un aneddoto curioso che lega questo periodo a quello di Sidney, ce lo ricorda direttamente lei?
«Pochi mesi prima delle Olimpiadi di Sidney fui costretta ad operarmi agli occhi per ridurre una fastidiosa miopia», racconta in conclusione l’atleta bellunese, «ma quello che poteva sembrare un handicap alla fine si rivelò un portafortuna visto come andò a finire quell’esperienza. Chissà che la storia non si ripeta quest’anno dopo l’operazione al piede di fine novembre…».
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