Doping nel fondo, quattro anni di stop per Eleonora Prigol
ROMA. Il minimo possibile. Ma purtroppo è un minimo che costa caro. La Prima Sezione del Tribunale Nazionale Antidoping ha comminato ad Eleonora Prigol quattro anni di squalifica.
Ieri c’era l’attesa udienza a Roma, per capire in che modo la giovane sciatrice feltrina avrebbe pagato la positività all’Epo, riscontrata in provetta dopo i campionati Italiani individuali a tecnica classica del 26 febbraio a passo Cereda.
La 19enne Junior dei Carabinieri dovrà quindi restare lontana dagli sci ancora per tre anni e dieci mesi, visto che fanno parte della squalifica i 60 giorni già trascorsi di sospensione cautelare.
L’avvocato difensore Davide Fent, ieri presente a Roma assieme al collega Federico Menichini dello studio Grassani, accoglie con parziale soddisfazione il risultato.
«Penso sia importante sottolineare che ad Eleonora sia stata data la pena minima prevista in questi casi. Tra l’altro, fino al 31 dicembre 2016 si trattava di due anni, mentre dal primo gennaio 2017 è salita a quattro. Sicuramente è stata presa in considerazione la sua decisione di non chiedere le controanalisi, però quasi certamente faremo ricorso in appello in quanto il comportamento, diciamo così, ammissivo della responsabilità, poteva essere valutato con maggior favore».
La Prigol, stando sempre a quanto spiegato dall’avvocato Davide Fent, «ha preso abbastanza bene la decisione, perché comunque si tratta della pena inferiore in questi determinati casi».
Di sicuro non c’era stato da parte sua nessuna intenzione di migliorare le proprie prestazioni. Già pochi giorni dopo la notizia della positività, aveva dichiarato: «Non ho preso nulla d’illecito e l’unica spiegazione è qualche farmaco che involontariamente posso aver assunto durante una stagione, che è stata tormentata e sofferta, sia dal punto di vista fisico che psicologico».
Prigol stava vivendo un periodo sportivo non dei migliori, e per combattere una serie di cistiti aveva preso il Binocrit. Un farmaco che al suo interno contiene l’Epo, ma di questo lei non ne era assolutamente a conoscenza.
«Le continue cistiti le davano dolore, e così ha preso l’antinfiammatorio Binocrit. La società per cui era tesserata non aveva un proprio medico che le potesse dire di no all’uso, in quanto contenente l’eritropoietina. Però c’era scritto sul bollino, e quindi in teoria avrebbe dovuto saperlo lo stesso».
Il tribunale, in ogni caso, ha sottolineato questo aspetto, e non a caso le ha assegnato il minimo della pena. Ora entro trenta giorni dovranno essere depositate le motivazioni, poi il ricorso in appello.
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