Giulia Pol corre vicino al cielo: «È rischioso, ma adrenalinico»

La campionessa italiana under 23 di skyrunning ha un passato nella pallavolo, poi l’endurance.
«Passi da mille a tremila metri in un lampo, ci vuole concentrazione. È uno sport per maturi»

Ivan Ferigo
Giulia Pol
Giulia Pol

LIMANA

È ancora alta l’adrenalina dopo il trionfo alla Cima d’Asta Skyrace. Domenica scorsa una straordinaria Giulia Pol si è laureata campionessa italiana Under 23 di skyrunning. In quest’intervista, la 23enne atleta limanese ci introduce a questo sport, raccontando le caratteristiche, l’allenamento, l’impegno che richiede, e il percorso che l’ha portata al tricolore di categoria.

Partiamo dal titolo italiano Under 23 appena conquistato. Sensazioni, emozioni a freddo?

«Quello che mi rimane è un gran mal di gambe. E poi grande felicità. Domenica ero forse un po’ più incredula, perplessa, perché non me l’aspettavo. Sapevo di stare bene, ma non così bene, nell’occasione giusta».

Non tutti i lettori sapranno che cos’è lo skyrunning. Ce lo puoi spiegare?

«Si può correre ovunque. Ci sono la corsa, il podismo, la corsa su asfalto. E poi il trail running, la corsa in montagna, intesa come corsa su sentieri, sottobosco, quasi corsa sui colli. Mentre nello skyrunning scali vicino al cielo: le cime, i terreni sono molto diversi, si passa da sottobosco a roccia, sassi, creste, cordini. È rischioso, ma adrenalinico. Devi essere consapevole, attento, concentrato in ogni passo che fai. Tutti i sassi si possono muovere. La montagna si sa che non perdona: quando corri non puoi guardarti tanto intorno. Però è bello sapere di correre passando da 1000 metri a quasi 3000 in un lampo. Questo è lo skyrunning: corri vicino al cielo, con tanta adrenalina, concentrazione, agitazione, però quando sei lì te lo godi».

Come ti sei avvicinata a questo sport, fino a diventarne una campionessa?

«Dopo aver vissuto sette mesi in Australia nel 2017, ho abbandonato la mia passione, che era la pallavolo, per avvicinarmi agli sport di endurance. Partendo dalla mountain bike per poi passare al powerlifting in palestra, e in seguito alle spartan race, aggiungendo quindi la componente di corsa. In questa disciplina nel 2019 sono stata campionessa europea di categoria. Con l’inizio della pandemia mi si è un po’ spenta la luce e non sapevo più cosa fare. Ho deciso di sfruttare la restrizione dei 200 metri, stimolandomi ad uscire a correre. Poi ho cominciato via via ad aumentare i chilometri e a vivermi la montagna che mi è sempre stata raccontata dai miei zii. Da lì non mi sono più fermata».

Alle gare quando ti sei approcciata?

«Ufficialmente a fine 2020. Un po’ così, provandoci, ottenendo qualche risultato in un anno strano e piatto per le competizioni. La vera stagione è cominciata più o meno a maggio 2021. Ci sono stati dei passaggi, momenti nei quali mi sono approcciata di più a gare corte, altri a gare più lunghe. Ho deciso di farmi seguire da un preparatore, facendomi quindi dare una linea generale di lavoro e alimentazione. Da lì, tanta costanza, nel tempo a disposizione extra studio e lavoro. Ho cominciato ad investire su quel lato di me stessa, pian piano anche con una trasformazione fisica. Questo sport ti porta poi a creare un tuo mindset, perché devi rimanere concentrato e stare in una bolla. È uno sport per maturi. Io sono ancora tanto giovane: sono arrivata al titolo e sento di meritarmelo perché sto facendo una bella stagione, regolare, sempre sul pezzo, prendendomi del tempo quando mi serve. Quindi sono contenta dei sacrifici che sto facendo».

Lo skyrunning è uno sport che mette insieme diverse discipline. Quali sono le tue predilette?

«Sicuramente non podismo e corsa su asfalto. Rispecchiano di più le mie caratteristiche salite ripide e discese tecniche, dove c’è da spingere in salita e da amministrare in discesa».

Per questo tuo percorso, vuoi ringraziare qualcuno?

«Grazie a chi c’è sempre. Non sto a fare tanti nomi: chi leggerà, saprà. Grazie a chi mi supporta, e agli sponsor che mi danno la possibilità di non avere pensieri se non correre».

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