Goggia, un anno dopo i Mondiali: «Quella rinuncia pesa ancora, ma da lì sono cresciuta»
Tra Sofia e Cortina c’è un rapporto viscerale, in Tofana non è mai una gara come le altre.
«Mettiamola così: a febbraio non c’era pubblico, io invece amo gareggiare davanti ai tifosi...»
Sofia Goggia a cuore aperto. Sentimenti che vanno oltre una vittoria o una sconfitta. Perché Cortina, per la campionessa bergamasca, non è una tappa di Coppa del mondo qualsiasi, una come tante altre.
È viceversa una tappa che merita un approfondimento, pieno zeppo di emozioni, ad ampio raggio, coinvolgendo una serie consistente di fattori esterni. Come Belle, ad esempio, il suo amato cane; oppure il vitellino vinto di recente in val d’Isere: «Lo chiamerò Isi», ha annunciato, prima di rimettere la maschera da dura, fondamentale per andarsi a conquistare quella vittoria che rappresenta il sale della vita. Cortina (quasi) un anno dopo la mancata partecipazione ai Mondiali. Una rinuncia forzata che le è ancora rimasta sullo stomaco. Una rinuncia che considera ancora oggi come una grande occasione persa. Una rinuncia alla quale però Sofia è passata oltre. Con successo. E per fortuna che la caduta di sabato ha procurato solo un grosso spavento e non qualcosa di più serio.
Con quali emozioni e/o sensazioni torni allora a Cortina?
«Torno a Cortina dopo un anno pieno di soddisfazioni. E preferisco a questo punto guardare il bicchiere pieno. Perché, mettiamola così: dal momento in cui sono rientrata dopo l’infortunio che mi ha precluso la partecipazione ai Mondiali ho vinto la Coppa del mondo di discesa e l’inizio di questa stagione è stato finora straordinario. Cos’altro chiedere?».
Però, Sofi, inutile girarci troppo attorno: quanto pesa, ancora oggi, la mancata partecipazione ai Mondiali di Cortina? Dove saresti stata la grande favorita...
«Mi è pesato molto perché ci tenevo a correre sulla mia pista preferita. E mi pesa ancora oggi. Però, come detto, mi piace guardare al bicchiere pieno: l’infortunio che mi ha precluso la partecipazione ai Mondiali di Cortina mi è servito tanto. Sono cresciuta, come donna e come atleta. Avevo bisogno della scossa, è arrivata in modo traumatico, senza ombra di dubbio. Ma è arrivata. E poi... I Mondiali si sono disputati senza pubblico a causa della pandemia ed a me piace gareggiare a Cortina davanti ai nostri tifosi. C’è tempo, fortunatamente, per rimediare a questo aspetto».
Dalla mancata partecipazione ai Mondiali, dopo l’iniziale, comprensibile scoramento, è scattata la scintilla utile a ripartire di slancio con i risultati che tutti conosciamo. Quale il segreto?
« È semplicemente un discorso di motivazioni, in questo senso direi che non ci sono segreti particolari. Sono ripartita dalla grande passione per questo sport che ha sempre animato ogni cosa che ho fatto. Poi, come detto, le motivazioni: voglio migliorarmi costantemente, gara dopo gara, andare a caccia di nuove sfide. Possibilmente alzando, anno dopo anno, quell’asticella che rappresenta l’elemento determinante per spostare il limite un gradino più su».
Domanda facile: che inizio di stagione è stato per Sofia Goggia e quanto conta la tappa di Cortina nel tuo speciale percorso personale?
«Finora evidentemente tutto è andato nel migliore dei modi, posso dire che l’inizio di stagione è stato semplicemente eccezionale. Ho messo a segno un incredibile filotto di successi in discesa che considero una piccola impresa. Adesso però viene il bello: Cortina è sempre stata una tappa importante della mia stagione e quest’anno lo sarà ancora di più perché rappresenta l’avvicinamento ai Giochi di Pechino 2022».
Quanto conta, in questo contesto, l’aspetto mentale e come lavora un’atleta per migliorare la tenuta mentale?
« Si lavora cercando di limare costantemente gli aspetti considerati più deboli. È un lavoro quotidiano, per niente semplice ma estremamente importante. Ho capito che questo risultato si raggiunge solamente con la piena maturità ed io sento di averla finalmente raggiunta dopo averla cercata a lungo, insistentemente ma anche invano. Ho imparato molto dai miei errori, l’aspetto mentale per un’atleta conta al pari della preparazione tecnica ed atletica».
Un pregio ed un difetto della stagione fin qui disputata?
«Il pregio è sicuramente la voglia di dare continuità alla prestazione. Non voglio accontentarmi, accontentarsi è sempre un pericolo: al quale magari vai incontro anche senza accorgertene. Il difetto sicuramente chiama in causa il Gigante. Sono ancora alla ricerca della giusta continuità ma sono sicura che arriverà anche quella. Con costanza ed allenamenti».
Apriamo il capitolo olimpico: Sofia Goggia verso Pechino con quali obiettivi?
«Gli obiettivi non cambiano col passare del tempo. Sono quelli di sempre. Penso a Pechino con la voglia di dare tutta me stessa. L’obiettivo è quello già raggiunto quattro anni fa ed è l’obiettivo che un’atleta sogna per tutta la vita. Dico di più. Averlo già raggiunto mi toglie molta pressione. Sono tranquilla, guardo a Pechino senza ansie particolari. La considero una cosa molto importante, la medaglia al collo l’ho già messa, conosco quella sensazione. Voglio riprovarci, vorrei riprovarla quella grande sensazione; ma non sento più la pressione dell’evento».
Adesso parliamo un po’ della Sofia Goggia lontana dalle piste. Cosa fai? Hobby e passioni? L’essere sotto la luce dei riflettori fa piacere o è una cosa difficile da gestire?
«Partiamo dalla fine. L’essere riconosciuta per strada fa logicamente piacere, anche se anch’io sono un essere umano, bisognoso come tutti dei suoi tempi e dei suoi spazi privati. Quando non sono in gara o in allenamento mi piace molto stare in famiglia e con gli amici. Quella per gli animali non è una passione ma un vero e proprio amore. A tal proposito Belle, il mio cane (un pastore australiano, ndr) rappresenta il mio passatempo preferito. Poi ci sono gli altri animali, compagni di vita che riempiono la componente quotidiana extrasportiva. Alla mucca Ambrosi presto farà compagnia un vitellino, lo chiamerò Isi, l’ho vinto recentemente nella discesa in val d’Isere. Poi ci sono le selvagge. Sono le mie galline, attualmente 2500, ospitate nell’azienda agricola “Le selvagge” specializzata in produzioni biologiche. Durante il lungo periodo di lockdown ho anche iniziato a prendere lezioni di pianoforte».
Chiusura dedicata ad un’altra grande passione: il calcio. Vittorio Feltri nei prossimi giorni porterà l’Atalanta a Cortina (racchiusa in un libro). Cosa rappresenta l’Atalanta per un bergamasco?
«L’Atalanta per un bergamasco è sinonimo di passione, di amore ed attaccamento alla maglia, oltre che alla città. A Bergamo siamo molto passionali, il calcio è vissuto con grande trasporto. Anche dalla sottoscritta. È sempre stato così, c’entra poco il fatto che negli ultimi anni la squadra abbia raggiunto grandi risultati. Quando l’attività me lo consente, non così spesso onestamente, vado molto volentieri allo stadio a tifare per i ragazzi. Anch’io mi lascio trasportare dal tifo. Entrando nello stadio, di recente ristrutturato ed ora diventato un piccolo gioiello invidiato da tutti, si avverte subito quel sentimento forte che lega la città di Bergamo alla sua squadra di calcio».
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