Guadagnini: «Roma 2024? La resa dell’Italia e dei 5 Stelle»

L’amarezza del giornalista bellunese, che era a capo della comunicazione del comitato olimpico

BELLUNO. Roma 2024 è stata più vicina al Bellunese di quanto si possa pensare. Motivo? Il responsabile della comunicazione del comitato promotore era Fabio Guadagnini, giornalista professionista e agordino doc. Nelle sue parole regna l’amarezza per un’occasione persa, per tutta l’Italia, ma anche a livello personale.

Quali sensazioni prevalgono dopo il no della sindaca di Roma Virginia Raggi alla candidatura olimpica?

«C'è tanto dispiacere, perché eravamo convinti che si trattasse di un grande progetto sportivo. Pensavamo che la politica, fosse essa di destra o di sinistra, avrebbe dato il proprio sostegno alla candidatura. Invece siamo entrati in una querelle che ha portato ad analizzare il nostro lavoro solo in maniera superficiale. È vero che l'amministrazione comunale avrebbe dovuto mettere in atto una serie di miglioramenti della città, ma avrebbe avuto tutto il supporto possibile».

Cosa ci racconti sull'arcinoto incontro saltato tra la Raggi e il presidente del Coni Giovanni Malagò?

«C’è stata una carenza di rispetto e di educazione. L'incontro era pianificato e presentarsi con 45 minuti di ritardo e una conferenza stampa fissata un quarto d'ora dopo non è stato un bel gesto. Malagò e Pancalli (presidente del comitato paralimpico) hanno ritenuto che dedicare appena un quarto d'ora a un argomento così serio fosse una sorta di presa in giro, così hanno deciso di andarsene. Ma questo è solo un episodio. Il tema vero, secondo me, è la resa della città e di coloro che si sono opposti a Roma 2024. Mi spiego: se avessimo ottenuto la candidatura, tutti i progetti di ristrutturazione sarebbero passati in mano all'amministrazione comunale. In poche parole, i 5 Stelle avrebbero avuto la possibilità di dimostrare che si poteva operare in maniera pulita. Invece c’è stata una resa a priori, oltre a una sorta di ostracismo verso lo sport in generale. Comunque sia, a un mese di distanza, non vedo altri progetti per rilanciare Roma capitale».

Anche l’immagine dell'Italia non ne è uscita bene.

«È stata persa molta credibilità a livello internazionale. L’Italia ne è uscita con le ossa rotte, come un Paese non in grado di ospitare in modo professionale e serio grandi eventi. Ed è un peccato, perché con l'Expo di Milano avevamo guadagnato una grande credibilità».

Passiamo al tuo ruolo all'interno del comitato promotore di Roma 2024. Un responsabile della comunicazione di cosa si deve occupare?

«L'attività principale era condividere il progetto non solo a livello locale, ma anche nazionale e soprattutto internazionale. D'altronde, per ottenere i Giochi servono i voti di circa 85 delegati membri del Comitato Olimpico Internazionale, distribuiti in tutto il Pianeta. Si tratta di promuovere, condividere e spiegare la bontà del progetto e soprattutto avere un confronto dialettico per far valere i principi che animano la candidatura e renderla a tutti gli effetti vincente. Quest'ultimo passaggio, purtroppo, è saltato con il no dell'amministrazione comunale».

Con Roma ormai fuori dai giochi, quale sarà la città che ospiterà le Olimpiadi del 2024?

«Tutte le città in lizza hanno progetti solidi, anche se con caratteristiche diverse. Sotto il profilo economico e dell'organizzazione generale, Los Angeles mi sembra quella posizionata meglio. Parlando del fascino, Parigi ha delle buone opportunità, mentre Budapest mi sembra un piano alternativo. Gli ungheresi dovranno lavorare su molti impianti da costruire ex novo e questo può essere un vantaggio, ma anche uno svantaggio, legato ad eventuali ritardi di consegna. Comunque sia, Parigi e Los Angeles sono le favorite».

Terminata quest'esperienza la tua carriera lavorativa come procederà? A ottobre 2015 avevi lasciato Fox Sports per questo incarico.

«Mi darò da fare per trovare un altro ruolo nell'ambito della comunicazione giornalistica. I contatti con il comitato olimpico ci sono ancora, ma questo è il momento per riposizionarmi sul mercato. Ho una buona esperienza nel campo televisivo e quella potrebbe essere un'area, ma non mi precludo niente».

Già, non dev'essere stato facile passare dalla televisione a un ruolo di responsabile della comunicazione...

«Sono due professioni completamente diverse. Lavorando nei media diffondi le notizie, mentre quando sei a campo di un area di comunicazione le devi passare alle fonti primarie, che a loro volta le propongono al proprio pubblico. Operare all'interno di un mondo olimpico ti porta ad avere una serie di contatti anche con l'estero e con le istituzioni internazionali. Quando ho ricevuto la proposta del presidente Malagò e del presidente Montezemolo ho pensato al sogno che tutti noi abbiamo: riportare i giochi olimpici in Italia. La seconda cosa che mi ha spinto ad accettare era cimentarmi in un'area giornalistica ancora a me sconosciuta; volevo capire le esigenze esistenti quando sei tu a dover fornire informazioni e spunti ai tuoi colleghi della tv e della carta stampata».

Usciamo dall'ambito olimpico e di Roma 2024 per fare un excursus sul calcio nazionale. Come stiamo da questo punto di vista?

«Abbiamo perso molto appeal e le società devono ragionare sul trattamento e la trasmissione dei propri eventi. Ormai, il pubblico che va o che vorrebbe andare allo stadio è giustamente esigente. Non può accettare di andare allo stadio in posti freddi, inospitali, con grandi difficoltà d'accesso e pure costi elevati, così si vede costretto a riunciare. Gli stadi vecchi, vuoti e un livello tecnico non eccellente ti porta ad avere meno seguito e quindi c'è un vortice verso il basso che non aiuta neppure le televisioni private, che possono essere una delle fonti primarie di crescita dello sport italiano».

Fabio Guadagnini che squadra tifa?

«Da bambino e ragazzo ero milanista. Dai vent'anni in poi, quando per motivi professionali mi sono spostato a Milano dal Bellunese, e in particolare da Feltre dove vivevo, ho preso a cuore il Venezia. Perché è la squadra della mia regione e poi mio papà, super tifoso del Torino, aveva simpatia proprio per i lagunari. Diciamo che questo mi ha anche aiutato a restare fuori dalle grandi rivalità che tutti gli anni trattavo come giornalista. Un po' di terra mia lo devo portare in giro per il mondo, quindi Venezia calcio, ma soprattutto Venezia basket».

Da Venezia saliamo fino alle Dolomiti. Sei da sempre interessato al Belluno calcio...

«Grazie a voi del Corriere delle Alpi, resto informato. Devo però ammettere che, purtroppo o per fortuna, l'ultimo è stato un anno talmente travolgente che ho avuto poco tempo per occuparmi d'altro, la mia concentrazione era soprattutto sugli sport olimpici. Dico solo che in una stanza di casa mia c'è ancora una maglia gialloblù del Belluno dell'ultima serie C2. È andata come è andata, ma l'abbiamo vissuta con grande sportività; mi ha ricordato quando mio papà e i suoi amici andavano al Polisportivo per i grandi anni di serie C. Poter rivedere la nostra squadra a quei livelli è stata una grande soddisfazione. È anche importante capire bene quale sia la nostra dimensione ideale, ma l'ambizione deve esserci sempre nello sport. Spero che il Belluno torni presto nei professionisti».

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