Gusatto e l’emozione per la benemerenza. «Questo premio è il mio pallone d’oro»
BORGO VALBELLUNA
Apparire poco, lavorare tanto. Un motto più che mai efficace che descrive al meglio Daniele Gusatto. Una persona che nell’ambiente del calcio bellunese ha bisogno di poche presentazioni, un dirigente con la D maiuscola che da dietro le quinte supporta, organizza e collabora alle attività di staff e giocatori. Dal primo Trichiana fino al Borgo Valbelluna, Gusatto c’era e può raccontare la storia del calcio della nostra provincia. Ecco che la benemerenza dal presidente della Figc regionale Giuseppe Ruzza non può che essere il giusto premio per una persona che da più 50 anni si spende per il bene del movimento calcistico bellunese e non solo.
«Per me è stato come vincere il pallone d’oro», racconta ancora emozionato, «ho avuto l’onore di ricevere prima qualche altro piccolo premio, ma questo è il riconoscimento per oltre 50 anni di lavoro dietro le quinte. Per uno come me a cui non piace apparire è stata una grande soddisfazione».
Di grande c’è anche il tuo lavoro per il calcio. Prima da giocatore e poi da dirigente ed allenatore. Quando è partita quest’avventura?
«Avevo 11 anni, era il 1965 ed a Trichiana ho iniziato a giocare nel campionato CSI, la Figc ancora non c’era. Ricordo che le automobili a quell’epoca erano ben poche e gran parte delle trasferte le facevamo in bicicletta nella parte bassa della provincia. Con me giocava un certo Antonio Tormen, che poi di strada ne ha fatta. Dopo la tragedia del Vajont tramite il mio amico Ivo Imbolito, che allenava a Sedico, andai proprio lì a giocare in Juniores e Terza categoria».
E poi l’idea di costruire un campo a Trichiana.
«Erano i primi anni ’70 ed insieme ad Imbolito ed a Serafino Barp abbiamo iniziato i lavori per il campo sportivo. Eravamo tutti volontari. Nelle fila della nostra società c’era un giovane promettente, Giorgio Balzan. L’abbiamo venduto al Belluno per un milione di lire e con quei soldi abbiamo costruito l’impianto d’illuminazione che fino ad allora in Provincia c’era solo a Belluno e Limana».
La tua storia d’amore con il Trichiana poi è proseguita, anche nelle varie fusioni.
«All’inizio facevo il dirigente, poi sono passato ad allenare per 4 anni tra Seconda e Terza. Non era il ruolo adatto a me però, mi affeziono troppo ai giocatori e per un mister non va assolutamente bene. Nell’89, poi, sono stato tra i promotori della fusione tra Zummellese e Trichiana, assieme agli amici Castellan, Vedana e Martini. La società ha cambiato diversi nomi nel tempo, ma l’unione è sempre esistita ed ha portato i suoi frutti. Sono molto soddisfatto delle cose fatte per il settore giovanile con tantissimi ragazzi promettenti e quasi sempre con due squadre per categoria al via dei campionati».
Poi hai avuto anche una parentesi al Belluno negli anni d’oro della società del capoluogo.
«Ero dirigente dei Beretti nazionali ed ho avuto modo di accompagnare anche la prima squadra nella cavalcata che l’ha portata in C2. Sono stati anni intensi ma bellissimi, mi ritengo fortunato ad aver vissuto quella stagione da una posizione privilegiata».
Possiamo dire dunque che il calcio ti ha dato tanto in questi 50 anni.
«Proprio nel mondo del calcio sono nate le mie vere amicizie. Da Bepi Como, passando per Silvano Sommacal e Giorgio Balzan. Ho conosciuto gente fantastica sia tra allenatori e dirigenti, sia tra i giocatori. Posso nominare Bacchin, Cerantolo, Bartolo, ma ce ne sono tanti altri che avevano delle qualità superiori alla media. Ad oggi la persona che stimo di più al Borgo è Diego Venturin, un esempio per tutti ed una persona dai grandi valori. Non è facile di questi tempi dove spesso si pensa più al rimborso spese che al resto».
Parola di Daniele Gusatto, colonna portante del Borgo Valbelluna e parte della storia del nostro calcio. Quel calcio fatto prima di tutto da gente come lui.
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