I fratelli Gidoni, da vent’anni protagonisti con tante maglie sui campi del Bellunese

Indole e caratteristiche tecniche diverse, Giacomo e Giovanni ripercorrono le loro lunghe carriere in un’intervista parallela

Giacomo Luchetta / Belluno

Vi raccontiamo i fratelli Gidoni. Protagonisti nel panorama del calcio bellunese da più di vent’anni, Giacomo e Giovanni, classe rispettivamente 1988 e 1989, hanno indossato diverse maglie in tutta la provincia e, per alcune stagioni, hanno giocato anche insieme. Giovanni, mancino naturale, ha fatto apprezzare il suo talento offensivo fino al Ripa Fenadora in Eccellenza mentre ora indossa la maglia dello Schiara con cui stava inseguendo il sogno di andare in Prima. Se nessun allenatore ha mai potuto negare il suo estro, dall’altra parte non è mai stato facile gestire il suo carattere, non sempre incline a seguire le regole che gli venivano imposte. Giacomo, dopo una stagione a Limana in prima squadra, è tornato al Cavarzano nel 2008 per restarci fino all’anno scorso, quando i giallorossi sono tornati in Promozione. Capitano per tanti anni, con più di duecento presenze al Camp de Nogher, si è sempre messo al servizio del gruppo ponendo al primo posto l’impegno, la serietà e il sacrificio. Mai una parola fuori posto o un ritardo ad un allenamento. Ha giocato per anni attaccante ma nel momento del bisogno si è adattato terzino. Ora ricopre il ruolo di diesse del Cavarzano.

Il tuo ricordo più bello?

Giacomo: «Sicuramente la vittoria del campionato dell’anno scorso, ma anche la cavalcata in Coppa Veneto di tre anni fa è stata emozionante. Ma i ricordi più belli sono quelli nelle giovanili da quando ho lasciato il Belluno: all’Alpina e poi al Cavarzano».

Giovanni: «Devo tornare indietro ad un partita con la Juniores, Cavarzano-Ardita Moriago. Sulla nostra panchina c’era Tiziano Schiocchet che, dopo lo 0-3 per loro, ha smesso di gridare e si è seduto in panchina. Con una doppietta di Gianluca Candeago abbiamo accorciato le distanze prima dell’intervallo. Negli spogliatoi “Schiocco” era indiavolato e ci disse: “Avete iniziato a giocare quando ho smesso di parlare. Ora non dirò più niente, vediamo se riuscite a vincerla”. Così è stato, con una mia doppietta in pieno recupero».

La delusione più grande?

Giacomo: «La retrocessione dalla Promozione alla Prima categoria. E in particolare penso spesso al derby col San Giorgio in cui sbagliai un rigore al 90’ sullo 0-0».

Giovanni: «Indubbiamente la finale play off di Eccellenza di ritorno persa con l’Union Ripa contro l’Abano. Avevamo vinto 2-0 in casa all’andata e stavamo pareggiando 1-1 il primo tempo. Ormai era fatta. Avevo la borsa piena di birre e, a fine primo tempo, ero tentato di tirarle fuori e metterle nel lavandino al fresco, così appena rientrati avremmo potuto festeggiare. Per fortuna non l’ho fatto…».

Quale è il giocatore più forte con cui tu hai giocato?

Giacomo: «Mauro De Bon e Giovanni Tonus, per citare due generazioni diverse».

Giovanni: «Se devo dirne uno solo faccio il nome di Flavio De Lazzer, con cui ho giocato un paio di anni a Cavarzano. In attacco faceva reparto da solo. Era fisico, tecnico e soprattutto un grande in spogliatoio. Contro il Vittorio Veneto eravamo in emergenza e l’allenatore Lauria l’ha messo centrale di difesa. Ha fatto una partita perfetta».

Chi è più forte?

Giacomo: «(Ride, ndr) Io già ho fatto fatica ad arrivare dove sono arrivato. Giovanni invece ha delle doti innate, è veramente forte».

Giovanni: «Bella domanda. Io sono più tecnico e creativo e prediligo il gioco in attacco. Lui è più fisico, forte difensivamente e nei colpi di testa. Però se un giocatore si valuta sull’impegno, sul sacrificio e sull’attaccamento alla maglia, allora non c’è dubbio che lui sia molto più forte di me».

Quale il tuo gol più bello?

Giacomo: «Ne ricordo uno bellissimo che feci in Prima categoria contro il Limana. Eravamo sotto 1-0 con gol di Daniele Vedana e allo scadere provai il tiro da distantissimo che si infilò proprio nel sette. Quello è stato bello anche perché importante, ma i miei gol preferiti sono quelli di testa».

Giovanni: «Ne ho fatti pochi. Forse, uno dei più belli, è quello all’esordio con l’Union Ripa in Coppa Veneto. Giocavamo ad Arten contro il Nervesa. Ho fatto il gol del 3-2. Sandro Tormen mi ha fatto una sponda di petto al limite dell’area ed io ho calciato al volo di sinistro scavalcando il portiere. Poi da lì non ho praticamente più segnato quell’anno».

Chi ha il destro migliore?

Giacomo: «Lui, anche se è mancino».

Giovanni: «Che domanda. Io a calcio non lo uso quasi mai. Anche se l’unico gol che ho fatto quest’anno l’ho fatto di destro».

Hai qualche rimpianto a livello calcistico?

Giacomo: Forse l’unico rimpianto è stato quello di non essermi mai divertito come nelle giovanili, ho sempre vissuto la prima squadra in maniera serissima ed è l’unico motivo per cui sono riuscito a rimanere nel Cavarzano per tante stagioni. Gli anni in cui ho giocato con la mente libera e divertendomi al cento per cento sono stati quelli con Schiocchet e quello al Limana».

Giovanni: «Nostro padre è morto quando eravamo piccoli, forse lui mi avrebbe spronato ad impegnarmi di più nelle giovanili e anche dopo. La cosa che invece mi disturba ora è non riuscire più a giocare da un po’ di anni come una volta. Ma non ho rimpianti, dai».

Avete avuto diversi allenatori nella tua carriere. Quale ti ha lasciato di più?

Giacomo: «Tralascio Parteli che è un allenatore top, ma che ho avuto solo un anno. Prest mi ha fatto diventare un uomo, Lauria mi ha insegnato a giocare a calcio, Schiocchet mi ha fatto amare questo sport e divertire. Con Pauletti ero ormai mezzo acciaccato ma mi sono trovato molto bene: bravo tecnico e ottima persona».

Giovanni: «Ho avuto sempre un ottimo rapporto con tutti, ma ho anche sempre fatto fatica ad ascoltare e a seguire le regole. Forse sarò scontato a fare questi nomi: Lauria e Parteli. Mi hanno insegnato entrambi, in maniera diversa, a giocare. Il primo quando ero più giovane, il secondo quando ero un po’ più maturo. Poi ovviamente dico Schiocchet, anche se mi insultava per 90’».

Un pregio dell’altro?

Giacomo: «È molto serio in tutto quello che fa, a parte nel calcio, ed è buono».

Giovanni: «È una persona molto buona».

Un difetto dell’altro?

Giacomo: «È permaloso».

Giovanni: «A volte è troppo buono. Mai con me ovviamente». —

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