“Indimenticabili”, Vitalini e gli anni d’oro dei discesisti

L’ex azzurro, adesso imprenditore, è stato premiato ieri dallo Sci club Trichiana «Ghedina era un fenomeno, ci portò a fare fuoripista il giorno prima della gara»



. Non è forte chi non cade, ma chi cadendo ha la forza di reagire e di rialzarsi in piedi. È il messaggio di fondo della ventesima edizione del premio Gli Indimenticabili, assegnato ieri pomeriggio a Pietro Vitalini dallo Sci Club Trichiana.

Nato a Bormio il 29 giugno 1967 e ritiratosi nel 1999, l’ex atleta è stato uno dei maggiori interpreti dello Sci Alpino italiano a cavallo tra gli anni ’80 e’90, nella specialità della discesa libera e del supergigante, dove contribuì a scrivere le pagine più memorabili dell’Italjet: così fu infatti ribattezzata all’epoca la nazionale azzurra di velocità formata da campioni del calibro di Kristian Ghedina, Peter Runggaldier, Alessio Fattori e Werner Perathoner.

Non ha vinto molto in carriera Vitalini: al di là dei cinque podi conquistati in Coppa del Mondo e delle tre medaglie ai Campionati Italiani (due ori e un bronzo), di lui si ricorda il volo del 13 gennaio 1995 a Kitzbuhel, che gli valse l’immortale soprannome di “Alitalia”. Un capitombolo infinito lungo una discesa che lo è stata altrettanto e che poteva costargli fratture in ogni parte del corpo, ma che lo ha visto uscire incolume.

Da quel momento Vitalini è divenuto un simbolo, per lo sci e per lo sport in generale, come una sorta di “mediano” nel calcio, per dirla alla Ligabue; uno di quelli di cui i bambini non avranno il poster in camera, ma che quando manca te ne accorgi e che non si arrende.

E a distanza di vent’anni esatti dal l’ultima discesa, Vitalini è tornato a parlare alle giovani generazioni di sciatori, accavallando ricordi e aneddoti, come se all’improvviso si fosse aperta una porta tra passato e presente.

«Quella volta – ha esordito l’ex azzurro davanti alla platea del centro San Felice – quando caddi, lasciai un solco di emozioni forti in tutti. Da chi mi guardò in tv a chi era allora presente. Ed è stato proprio in quegli istanti che ho capito che non dovevo arrendermi. Ci sono stati comunque dei momenti in cui la mia carriera era giunta ad un crocevia, in cui dovevo scegliere se andare avanti o mollare: a sedici anni, giocando a pallone ho picchiato la rotula, giocandomi un posto in nazionale, dove militavo già in squadra C. Una seconda volta tre anni dopo, quando avevo iniziato la carriera da maestro di sci e una terza dieci giorni prima delle Olimpiadi di Nagano, nel febbraio 1998. Rottura della caviglia giocando tra amici a pallavolo. Il mio rivale dell’epoca, Jean – Luc Crètier, tirò un sospiro di sollievo nel non dovermi affrontare».

Un sorriso amaro ha poi accompagnato Vitalini, di quelli di chi sa che l’occasione per vincere una medaglia non si sarebbe più presentata. E così fu.

«Ho però imparato – ha proseguito rivolgendosi ai bambini – che nella vita bisogna avere degli obbiettivi e andare avanti sempre e comunque, soprattutto quando la vita sembra metterti all’angolo».

Alle sue spalle, sul palco, scorrono nel frattempo le immagini del volo di Kitzbuhel, succedute dalla discesa di Garmisch. Un altro punto di svolta della sua vita di atleta: siamo alla Coppa del Mondo, nel 1997.

«Parto e in discesa guadagno sempre più velocità. Nulla sembrava potermi fermare. Poi all’improvviso mi accorgo che in mezzo alla pista c’è una persona. Non so come mai era li ma riuscii ad evitarla, sterzando sugli sci all’ultimo, salvandole la vita. I giudici di gara mi diedero la possibilità di ripartire: trovai la forza di reagire e conquistai il podio».

Non potevano mancare gli aneddoti.

«Eravamo una nazionale forte – proseguendo nel racconto – con Kristian Ghedina che era un fenomeno. Mai visto uno così. Eravamo ad una Coppa del Mondo in Germania. Tensione massima. Nel giorno prima della gara Kristian mi convinse ad andare a fare un fuoripista per allenarci. Un salto, poi un altro in mezzo alla neve, con l’allenatore che quella sera non riusciva a trovarci. Un ricordo indelebile di noi ragazzi, ancora giovani, nell’ebbrezza di una gara da giocare. Bello, ma invito i ragazzi a non farlo (ride)».

E poi venne il ritiro. Una volta appesi gli sci, Vitalini compie una breve parentesi crepuscolare da atleta negli Stati Uniti, prima di divenire successivamente commentatore e non solo.

«Volevo continuare nel mondo dello sci – ha infine rivelato – ma non sapevo come. Da li è poi nata l’idea di fare l’imprenditore nel settore dell’abbigliamento sciistico adeguato per consentire ai ragazzi di fare sport in sicurezza, per salvarli nel caso in cui cadano. Collaboro con vari sci club e ho creato il Team Vitalini, che si muove nel settore promuovendo eventi a livello nazionale». —



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