«Lo sport pulito» raccontato a Feltre da Donati e Canins

È entrata nel vivo la manifestazione “W la bici viva”. Il tecnico ha ripercorso i casi Evangelisti e Schwazer

FELTRE. Dopo il prologo di giovedì mattina, antipasto della manifestazione, come accade nelle grandi corse ciclistiche a tappe, il festival "W la bici viva" ha rotto gli indugi, con la conferenza "Lo sport pulito", ospitata alla sala convegni dell'ospedale, con una platea attenta, composta dagli studenti del Della Lucia, del Dal Piaz, del Colotti e dell'istituto canossiano.

Si sono intervallati come relatori del calibro di Sandro Donati e Maria Canins, i giornalisti Claudio Gregori e Marco Pastonesi e l'attore Gabriele Benedetti, le cui letture dal testo teatrale "28 battiti", che racconta la vicenda umana e sportiva di Alex Schwazer, hanno ancor più alzato, se possibile, il livello di attenzione degli studenti.

Dopo l'intervento introduttivo dell'assessore all'Ambiente del Comune di Feltre, Valter Bonan, che ha sottolineato le importanza di poter ascoltare le testimonianze di due esempi di profonda coerenza, come Canins e Donati, rispettosi delle proprie interne convinzioni, tanto da compiere scelte di vita in controtendenza, contro il doping, Marco Pastonesi ha dato il via alla corsa, pardon alla conferenza, sollecitando gli interventi dei relatori.

Giornata propizia per parlare di sport, perché il 6 aprile è la giornata mondiale dello sport, però le parole di Donati sono state per taluni versi dei macigni. Il tecnico ha raccontato, con il piglio che lo contraddistingue, alcune delle vicende più aspre che l'hanno riguardato, dal rifiuto a sottoporre i propri atleti ai trattamenti proposti dal professor Conconi, alla vicenda della misura "truccata" che consentì all'inconsapevole Giovanni Evangelisti di conquistare la medaglia di bronzo nel salto in lungo, ai mondiali di atletica di Roma del 1987, alle più recentissime vicissitudini legate ad Alex Schwazer.

«La mia carriera da allenatore del mezzo fondo veloce di tutto il settore della velocità è finita quando denunciai la diffusione del doping, che riguardava pesantemente anche l'Italia», e ancora, «da accusatore sono passato a essere allenatore e amico di Schwazer, diventato, suo malgrado, il trofeo del sistema sportivo, per dimostrare la propria intransigibilità».

Dopo cinquantaquattro analisi a sorpresa durante l'anno e mezzo in cui Donati ha allenato Schwazer, tutte negative, dopo la rinascita sportiva, «Schwazer è un fenomeno, io ho solo fatto il mio dovere di allenatore», è accaduto quanto ormai è noto ai più, con la nuova positività, con la giustizia sportiva e ordinaria coinvolte, procure italiane e tedesche, persino i Ris di Parma.

Da Maria Canins è giunto un messaggio alle classi delle scuole di Feltre presenti in sala.

«Ricordatevi, è l'etica che conta, ora siete giovani e un domani sarete genitori, se non siete campioni e non lo saranno i vostri figli, accontentatevi, non c'è niente di male in un sesto posto» e persino Sandro Donati in fondo al tunnel del doping, dalla vicenda Schwazer ha imparato qualcosa di nuovo.

«Il doping è un buco nero ma non una condanna assoluta, non è un mostro invincibile, si può combattere con la cultura».

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