Mosca e la sirena Treviso: «È l’occasione di una vita e ritrovo l’amico Masoch»
L’ex Belluno, fuori dal progetto Dolomiti, è passato in Eccellenza.
«Mi avevano contattato in parecchi, ma lì c’è un fascino particolare»
BELLUNO
Treviso perché era il meglio, adesso. Treviso perché ci gioca l’amico di una vita Yari Masoch, con cui in comune non c’è solo l’appartenenza al territorio agordino. Treviso perché una società che ha conosciuto pure la serie A, non può restare ancora nell’anonimato dell’Eccellenza. Stefano Mosca di chiamate ne ha ricevute parecchie, nelle scorse settimane. Niente di strano: lo volevano tutti già ai tempi del Belluno, figurarsi quando la Dolomiti Bellunesi ha ufficializzato la decisione di non confermarlo. La proposta biancoceleste però aveva un qualcosa in più, e in questo discorso non c’entrano solo gli aspetti economici o simili. Hanno il loro peso certo, ma non sono per forza tutto.
Lo stadio Omobono Tenni, una curva pronta a tifare e a farti sentire un giocatore vero, l’amico di cui sopra assieme al quale condividere una stagione si spera speciale, le ambizioni di vittoria del campionato, gli allenamenti pomeridiani che rendono possibile il viaggio da e per Agordo quattro volte a settimana più la partita. Mosca non voleva proprio lasciarsi sfuggire un’opportunità del genere. Era impossibile rinunciare. «Davvero. Treviso è la chance che capita una volta nella vita. Soprattutto, parliamo di una squadra i cui palcoscenici dovrebbero essere altri rispetto all’Eccellenza. Ho trovato quello che cercavo: importanza della piazza, ambizione, desiderio di vittoria. In me c’era il desiderio di fare qualcosa di diverso e stimolante. Ecco perché ho accettato. Poi certo, il condividere tutto ciò con Masoch è stata una spinta ulteriore».
Di proposte comunque ne avevi eccome, a quanto ci risulta. «Sì, mi hanno contattato diverse realtà. E ciò fa indubbio piacere, lo ammetto. Il Treviso però ha esercitato un fascino diverso, soprattutto in quanto abbinato alla ferrea volontà di puntare a vincere il campionato. Avrei potuto fare scelte richiedenti meno impegno. Però sento di poter ancora dare qualcosa a determinati livelli. Per cui, eccomi qui. Ho voluto però ringraziare e avvisare chiunque si fosse fatto sentire, così da comunicare di persona la decisione».
Certo, non sarà facile unire famiglia, lavoro e calcio ad un bel livello. «Senza dubbio la priorità era riuscire a trascorrere più tempo possibile assieme ai miei affetti. Nonostante sia un’Eccellenza, ci alleneremo quattro volte a settimana al pomeriggio e ciò mi consentirà di tornare a casa ad un orario accettabile». Se stiamo commentando il trasferimento, però, è perché la Dolomiti Bellunesi ha scelto di non confermarti. Fa notizia ecco, visto che indossavi la maglia del Belluno dal 2009…
«Guarda, con me la dirigenza è stata chiara. Quando ci siamo trovati mi è stato detto che sarebbe risultato difficile collocarmi nella nuova rosa. Dispiace naturalmente, ma perché saluto un posto dove ho lasciato un pezzo del mio cuore. Non discuto la decisione della Dolomiti, assolutamente legittima e men che meno porto rancore. Di certo il Belluno prima e la Dolomiti Bellunesi poi hanno rappresentato una seconda famiglia e i rapporti costruiti nel tempo restano eccome. Si sa comunque che nel calcio va così. Rimpianti non ne ho: in campo e fuori credo di aver sempre dato il massimo. Sbagliando magari, perché se non sbagliassi giocherei probabilmente in serie A. Ma dando ogni volta tutto quello che potevo. Adesso comincia una nuova avventura personale e non vedo l’ora di tornare in campo».
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