Motori, il plurivincitore Denny Zardo svela i segreti dell’Alpe del Nevegal
BELLUNO. Conto alla rovescia per la 42ª edizione dell’Alpe del Nevegal, in programma nel fine settimana e valevole per il Trofeo Italiano Velocità in Montagna e per il Campionato Austriaco.
Saliamo in macchina con il pluridecorato pilota professionista Denny Zardo, già campione italiano ed europeo e dominatore assoluto di tre edizioni della gara bellunese che ci illustra come affronterà il percorso con la sua Formula 3000.
«Il Nevegal si differenzia dalle altre gare», commenta il campione trevigiano, «per il chilometraggio medio corto, che al suo interno racchiude sia una parte guidata molto tecnica che una parte veloce. È un percorso facile da memorizzare ma difficile da interpretare. La prima peculiarità del Nevegal è il lungo rettilineo che dalla partenza porta alla curva di San Mamante: questo primo tratto fa già selezione, infatti prima di San Mamante c’è una esse molto impegnativa, prima dell’impegnativa staccata che immette a un tornante sinistro aperto. Si continua con un piccolo allungo che porta a una serie di esse che possono fare la differenza: la prima che si incontra è veloce e ti permette di osare un po’ di più, mentre la seconda è un po’ più lenta e bisogna sacrificare un po’ l’uscita per prepararsi alla curva destra che precede i famosi tre tornanti, che sono a vista e quindi abbastanza semplici. Altro allungo dove si scaricano quasi tutte le marce e arriviamo a un tornante destro, dove il punto di staccata è molto difficile, in quanto poco prima c’è un profondo avvallamento. Successivamente c’è un pezzo di raccordo con una semicurva destra abbastanza insidiosa, che ci porta a un tornante sinistro: qui non bisogna esagerare, perché è importantissimo lanciarsi forte verso la successiva esse, che considero uno dei punti più difficili di tutto il percorso, per la presenza di uno spuntone di roccia che esce leggermente sulla carreggiata. Altro tratto di rettilineo che porta al tornantone del Cristo e qui massima attenzione perche la staccata è in contropendenza e c’è sempre il rischio di arrivare lunghi. Giù il gas e inserendo tutte le marce si arriva alla esse denominata delle 112, dove bisogna sacrificare l’ingresso per poter accelerare a fondo in uscita, cercando di fare molto forte il successivo tratto guidato. Si arriva a una curva a sinistra molto impegnativa sia in ingresso, per una roccia prominente, sia in uscita, perché si perde sempre aderenza sul retrotreno rischiando di urtare il rail. Breve allungo e si affronta il tornante “degli Emigranti”, molto insidioso perché con le vetture formula risulta molto scivoloso. Bisogna uscire forte per affrontare poi una sinistra destra molto stretta e che non permette il minimo errore. Da qui si viene proiettati sul rettilineo della chicane, e anche in questo caso massima attenzione alla staccata, perché l’asfalto è molto sconnesso. Usciti dalla chicane si inseriscono tre marce e ci si prepara per la curva dell’Alpe in Fiore: farla in pieno è il sogno di tutti i piloti, ma con le vetture medio grandi non è poi cosi semplice. Breve allungo e ultima curva a destra impegnativa perché si arriva ad una velocità molto elevata e poi finalmente si passa la bandiera a scacchi».
Per la cronaca, con una vettura Formula 3000 il campione trevigiano raggiunge la velocità di 220 km/h in due punti del tracciato bellunese: alla fine del rettilineo di partenza e sotto lo striscione d’arrivo.
Matteo Bottacin
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