«Né mister e né presidente: per tutti semplicemente Gigi»

Fresco, l’anima della Virtus Verona, è un personaggio unico; ha già quello di patron, mira ora al record di longevità in panca



Presidente o allenatore? «Nessuno dei due, io sono Gigi». All’anagrafe Luigi Fresco, classe 1961, da Verona in Borgo Venezia, come ama ripetere il telecronista che la domenica commenta le partite della Virtus Verona. Luigi Fresco, per tutti Gigi, è il presidente ed allenatore della terza squadra professionistica di Verona (l’Hellas milita in serie A ed il Chievo in B), unicità assoluta per quanto riguarda il calcio italiano. Eppure di unicità, in casa Virtus, ce ne sono a iosa e fanno tutte capo ad una gestione “sui generis” , così voluta dal suo uomo di riferimento, contemporaneamente presidente ed allenatore dal lontano 1982. Luigi Fresco è stato soprannominato “il Ferguson d’Italia”; ma, se Sir Alex si è “fermato” a 27 anni consecutivi come manager del Manchester United, Fresco è arrivato a quota 39. Primato assoluto nella doppia veste di presidente ed allenatore; primato mondiale come presidente, attualmente quarto nella speciale classifica degli allenatori più longevi in tutto il mondo. Prossimo obiettivo? Raggiungere Guy Roux, allenatore dell’Auxerre, squadra francese, dal 1961 al 2005. Ben 44 anni, «ma non consecutivi come i miei», precisa sorridendo l’uomo dei miracoli, in grado di portare la squadra di un quartiere periferico di Verona in C a giocarsela a viso aperto contro autentiche corazzate come Vicenza, Padova, Triestina, Modena e Cesena ,tanto per citarne alcune.

Come nasce il Gigi Fresco presidente allenatore?

«Sono nato e cresciuto a Borgo Venezia, il calcio è sempre stato la mia passione. Sono arrivato alla Virtus Verona ad 8 anni, a 12 ho iniziato ad allenare; a 15, sempre come allenatore, mi è stata affidata la squadra Pulcini; poi, a 18 anni, sono stato eletto consigliere del club. Nel 1982 sono diventato presidente. Da tre mesi ero allenatore della prima squadra, retrocedemmo in Terza Categoria dalla Seconda. Ho fatto tutti i corsi da allenatore, Uefa B nel 1988, A nel 2001/2002. Nel 2011/2012 a Coverciano ho preso il patentino Uefa Master, andavo su e giù da Verona in macchina insieme a Roberto Baggio. Di strada ne ho fatta, anzi ne abbiamo fatta perché nel frattempo quella piccola Virtus Verona a gestione familiare è arrivata in serie C».

La Virtus Verona è una creatura di Gigi Fresco: l’ha plasmata a sua immagine e somiglianza?

«Ho una visione della vita, e di conseguenza del calcio, molto aperta. Io sono Gigi, nessuno deve chiamarmi presidente o mister. I calciatori che arrivano alla Virtus ci mettono qualche giorno per ambientarsi, poi capiscono di aver fatto la scelta giusta. Siamo arrivati in serie C senza snaturare la nostra essenza. Staff tecnico e calciatori occupano lo stesso spogliatoio, siamo una grande famiglia. Da 32 anni ogni fine campionato facciamo un viaggio tutti insieme offerto dalla società, da 44 portiamo in ritiro in Trentino tutta la Virtus, non solo la prima squadra. Giochiamo in uno stadio senza barriere: è stato il primo inaugurato in Italia. Ogni partita è una festa, in tanti vengono a vederci, almeno una volta, solo per la curiosità di entrare nel nostro impianto, gioiellino stile inglese (stadio Gavagnin Nocini, 1. 500 posti, ndr)».

È più dura fare l’allenatore o il presidente?

«Non è tanto il ruolo quanto la categoria a fare la differenza. Da quando siamo in serie C ho dovuto correggere il tiro (sorride, ndr) su qualcosa. Non troppe però. Il professionismo richiede rigore, scelte coraggiose, drastiche a volte. Io mi affeziono ai calciatori, fondamentalmente sono un sentimentale».

Ha mai pensato di auto esonerarsi?

«È una domanda che mi pongono in tanti, soprattutto ora che giriamo l’Italia in serie C. Sono onesto, qualche volta mi è balenata l’idea di fare un passo indietro; ma ogni volta poi la domenica successiva vincevamo».

C’è un traguardo che Gigi Fresco intende tagliare prima di iniziare a pensare di cedere il passo?

«I 44 anni da allenatore di Guy Roux sono uno stimolo. Il mio pensiero è rivolto al prossimo anno quando la Virtus Verona taglierà lo storico traguardo dei cento anni. Conclusa la stagione 2020/2021 farò qualche valutazione introspettiva».

Nel frattempo c’è da portare a termine questo campionato che, prima dell’avvento del coronavirus, vedeva la Virtus Verona veleggiare a centro classifica ad un solo punto dai play off...

«Abbiamo raggiunto il punto più alto della storia della Virtus Verona. Abbiamo in rosa diversi elementi esperti che nel recente passato hanno disputato la serie A. Il loro contributo si sta rivelando fondamentale in un girone durissimo in cui figurano squadre importanti e blasonate. Puntiamo a raggiungere la quota salvezza, 40 punti, il prima possibile; se ci sarà modo e spazio, solo dopo penseremo ad altro».

Com’è la settimana tipo in casa Virtus Verona?

«Come quella di qualunque altra squadra professionistica ma con alcune eccezioni. Da noi non esiste una lista di convocati, per me sono sempre tutti convocati, sia in casa e sia in trasferta. E poi il giovedì sera andiamo sempre a cena, tutti insieme. Un momento di svago e condivisione sul quale non transigo, equivale a un allenamento».

Adesso però il calcio è in soffitta, decisione giusta?

«Giustissima. La salute viene prima di tutto; il calcio può aspettare il tempo che serve, ad ogni latitudine». —



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