Pavei, addio al Belluno. «Il ciclo doveva chiudersi già un anno fa a Torino»
L’allenatore lascia dopo la retrocessione in C.
«Ho un unico rimpianto, quello di non aver avuto una centrale in più»
BELLUNO
Si chiude il ciclo di Dario Pavei e del suo secondo Paolo Viel sulla panchina della Pallavolo Belluno femminile. Dalla vittoria della serie C alle stagioni in B2, dal sogno B1 alla retrocessione di poche settimane fa in serie C, Pavei sfoglia l’album dei ricordi ed è un’altalena di emozioni.
«L’ultima sera abbiamo pianto tutti. Quel finale mi ha lasciato pensare che abbiamo fatto qualcosa di positivo, nonostante la retrocessione. Il risultato, per carità, conta sempre, quando giochi ad un livello agonistico. Però, alla fine, lo puoi anche mettere da parte per un attimo. Rimangono i rapporti umani. Le ragazze si sono divertite un mucchio e sono migliorate molto. Conta quello che abbiamo fatto ogni giorno in palestra. Non sono stati più di tre o quattro, in tutto l’anno, gli allenamenti che abbiamo sbagliato».
Qualche rimpianto dopo l’addio?
«Ho un unico rammarico. Forse, con un centrale in più, o avendolo avuto fin da subito, avremmo anche salvato la categoria. Ma, ripeto, se non guardo il risultato, che è sicuramente qualcosa di oggettivo, resto comunque soddisfatto di un’annata in cui si è sempre respirato un clima sereno».
Un anno fa, in questi giorni, l’allora Cortina Express Belluno era in piena scalata playoff…
«La ricordo come una stagione impegnativa che ci ha regalato grandi emozioni. Emozioni che vale la pena di vivere, per un atleta, almeno una volta nella vita. Eppure, per un certo verso, aver finito così tardi quel campionato ha condizionato la nostra ultima stagione. Abbiamo fatto fatica a programmare e a contattare nuove giocatrici. È il lato oscuro di essere andati ai playoff e di esserceli giocati fino alla fine. Ma ne è valsa la pena».
Oggi invece si chiude un cerchio?
«A dire il vero, la naturale chiusura del cerchio sarebbe stata l’anno scorso. Il nostro ciclo si sarebbe dovuto chiudere lì, dopo Torino. Ma non ce la siamo davvero sentita di abbandonare le ragazze, anche se il progetto tecnico doveva finire l’anno scorso. Ma poi vai in palestra e ti chiedi come si fa ad abbandonarle. Quest’anno hanno sputato sangue. Da questo lato, non ho nessun rimpianto».
Cosa resta di questi anni a Belluno?
«Dall’allora promozione in serie C ad oggi, ogni anno ha avuto la sua peculiarità, la sua caratteristica distintiva. Ricordo sicuramente il primo, perché abbiamo vinto la serie C. Il primo anno in B2 c’è stata un po’di confusione. Poi abbiamo ringiovanito il gruppo. E lanciato le giovani: Chiericati, Pavei, Bortot, Bortoluzzi, Gasparini. In una squadra rafforzata da tre fuoriclasse della categoria: Silvestri, Robazza e Zarpellon. Quella è stata un’annata di sorprese. L’anno dopo, secondo me, era il nostro anno buono. Quando la stagione è stata fermata per il Covid, eravamo sul podio, nonostante i seri infortuni».
Infine il presente, e il passato più recente: dalla B1 sfiorata alla retrocessione in serie C.
«Un anno fa è stato entusiasmante perché avevamo una squadra formata da ragazze che arrivavano da percorsi diversi e con diverse esperienze fatte prima. È stata un’annata stimolante. Siamo arrivati a giocare partite di altissimo livello. L’apice? La gara d’andata dei playoff contro il Fusion, a casa loro: lì, contro una squadra che davvero era in forma, abbiamo espresso la nostra miglior pallavolo. Poi siamo andati un po’ oltre il nostro limite. Ma, a parte il risultato, anche l’ultimo anno è stato a suo modo entusiasmante. E, ciononostante, è giusto ripartire con un nuovo allenatore. Il mio futuro? Magari allenerò qualche squadra giovanile: con la stessa passione, ma con un minore impiego di tempo. Stare in palestra dalla domenica al sabato è stato impegnativo, ma lo voglio sottolineare: è sempre stato, soprattutto, un lavoro di staff. Paolo Viel? Un mito. Sergio Sartori? Spettacolare. Lorella Barp? Bravissima. Con loro ho vissuto nella bambagia».
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