Petdji, addio alla Dolomiti senza rancori. «Era il momento giusto per cambiare»

L’ex difensore centrale della squadra cittadina è passato ai veronesi del Sona. «Volevo una nuova esperienza e Verona è la città ideale»
Gianluca da Poian
Georges Petdji con la maglia della Dolomiti Bellunesi
Georges Petdji con la maglia della Dolomiti Bellunesi

BELLUNO

Il momento giusto per cambiare. Anche perché il desiderio di provare un’esperienza calcistica e di vita diversa c’era già da un po’.

Georges Petdji quest’estate ha ascoltato la proposta della Dolomiti Bellunesi, che alle proprie condizioni gli aveva comunque prospettato un ruolo da protagonista nel nuovo corso avviato dal direttore generale Luca Piazzi e dal mister Lucio Brando. Poi, a pochi giorni dall’avvio della preparazione, si è capito che Petdji non sarebbe rimasto. Diverse le proposte ricevute, alcune pure dalla Liguria, ma la più convincente è giunta dal Sona. Anzi, si chiamava (chiama per i comunicati ufficiali) Chievo Sona, pare per un abbastanza evidente tentativo di rientrare nel calcio che conta dell’ex patron gialloblù Luca Campedelli.

Solo che l’utilizzo del nome Chievo è stato bocciato dal tribunale. Ad ogni modo, è un’altra storia questa. Il Sona è una realtà veronese da due anni in serie D, però fino ad ora sempre inserita nel girone lombardo per un’effettiva vicinanza geografica. E dopo aver accolto in rosa Maicon in parte della stagione 2020-2021, e soprattutto con un paio di belle salvezze in tasche, ora i rossoblù ambiscono a disputare un campionato da protagonisti. Si sono affidati in panchina a Nicola Zanini, proveniente dalla Luparense e in rosa hanno accolto altri giocatori di assoluto spessore per la categoria. Vedi ad esempio Boron e Varano, due protagonisti della salvezza del San Giorgio pre fusione.

Georges, come sta andando al Sona?

«Siamo in piena preparazione, però le sensazioni sono buone. Credo proprio sia stata allestita una bella squadra. Dal punto di vista personale, l’impatto è stato favorito dalla conoscenza con l’allenatore, che conosco bene avendoci giocato spesso contro nelle scorse annate».

A proposito, in quale ruolo ti sta provando?

«Difensore centrale, ormai è diventata la mia posizione quella. Però come al solito, da parte mia vi è massima disponibilità ad essere schierato pure in altre zone del campo».

Al di là della vicenda legata al nome Chievo, che società hai trovato?

«Una realtà intenzionata a fare le cose bene. Rispetto alla stagione precedente sono rimasti pochi ragazzi, di conseguenza è tutta una novità. Ma pian piano aumenteremo la confidenza tra di noi. Ci alleniamo al centro sportivo Bottagisio, casa del vecchio Chievo ed io abito proprio a Verona».

L’impatto con la città scaligera?

«Ottimo. L’ho sempre considerata un gran bel posto, forse tra le più belle città di Italia».

Veniamo ora però ai motivi della non continuazione del tuo percorso professionale alla Dolomiti Bellunesi. Dopo gli anni alla Sampdoria Primavera e alla Pro Patria in C, giocavi dal 2016 al Belluno prima e alla Dolomiti poi. Eri una bandiera.

«Ma il desiderio di cambiare era troppo forte e sentivo fosse l’estate giusta affinché l’auspicio si realizzasse. L’ho spiegato alla società: a volte hai bisogno di stimoli nuovi».

Neppure le rivoluzioni attuate dal punto di vista della rosa potevano esserlo?

«La mia era proprio la volontà di vedere come è il calcio in un’altra piazza, in un contesto diverso. Ciò non toglie comunque la bontà del progetto messo in atto lì alla Dolomiti, e soprattutto la diversità di idee rispetto al passato. Ad occhio, il tempo porterà risultati importanti».

Non può comunque essere stata una decisione facile, la tua.

«No, assolutamente. Abito a Belluno, ho affetti ed amici lì, giocavo in gialloblù da una vita. Sarò sempre grato a Belluno e Dolomiti di come sono stato trattato ogni anno. E i tifosi inoltre mi facevano sentire grande affetto ogni volta. Tornerò spesso su nei momenti liberi e vediamo se ci affronteremo da avversari in campionato, pur essendo più probabile il nostro inserimento nel girone B».

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