I 50 di Piller Cottrer. «Memorabile l’oro a Torino 2006. Mi ha ispirato Svan»

Sci nordico. Venerdì 20 gennaio il campione sappadino festeggia il mezzo secolo. 

«Ho un solo rammarico, che non ci sia più mio papà Agostino»

Ilario Tancon
Il sappadino Pietro Piller Cottrer
Il sappadino Pietro Piller Cottrer

Tanti auguri Caterpiller. Compie oggi 50 anni Pietro Piller Cottrer, uno dei campioni più rappresentativi dello sci di fondo azzurro e dello sport dolomitico. Un atleta che in carriera ha saputo conquistare vittorie in Coppa del mondo, una Coppa del mondo generale di distanza, medaglie iridate medaglie olimpiche. Tanta roba davvero la carriera del carabiniere di Sappada.

Festeggia oggi cinquant’anni, dicevamo, e lo fa a Falcade, il paese della Valle del Biois dove ha trascorso tre anni (allo Ski College) importanti, tre anni di passaggio dallo sci inteso come divertimento o poco più, allo sci diventato un lavoro.

Un compleanno di lavoro per Pietro, che è uno dei tecnici del Centro sportivo Carabinieri e questo fine settimana è in Agordino per seguire i suoi ragazzi impegnati nella Coppa Italia.

Continui a non festeggiare a casa il compleanno.

«Un compleanno a casa non ho memoria di averlo festeggiato mai. È capitato anche di celebrarlo in aeroporto a Londra, nell’attesa tra un aereo e l’altro. Quest’anno va così ma… va bene così. Un solo rammarico: che a festeggiare il mezzo secolo non ci sia papà Agostino, che se n’è andato qualche mese fa».

Un bell’effetto 50 anni.

«Un bel traguardo, una tappa. Ma la cosa importante è lo spirito che hai dentro. In questi anni ho imperato tante cose, ho imparato soprattutto ad apprezzare la vita. E ad essere impermeabile, senza farmi carico di situazione esterne che non posso controllare».

50 anni a Falcade.

«Qui ho vissuto una parte importante della mia vita agonistica. Ricordo quel periodo, a inizio anni Novanta, con grande affetto: e ricordo con grande affetto quelli che mi piace definire i due miei padri putativi di quell’esperienza: il dottor Graziano Pollazzon (ideatore del College, ndr) e l’allenatore Angelo Genuin».

Quando hai capito che lo sci avrebbe potuto diventare un lavoro?

«Ho sempre vissuto lo sport in maniera spensierata, senza mai mettermi troppa pressione addosso. Posso dire che tutto è venuto naturale».

A 17 anni l’arruolamento nei Carabinieri. Cosa ricordi di quei primi anni da pro?

«I due Mondiali Juniores, che non sono andati come si voleva. L’esordio in Coppa del Mondo, nella mia Sappada, nel dicembre del 1994, l’esordio ai Mondiali, qualche mese più tardi, in Canada».

E la vittoria che ti ha lanciato nel firmamento delle stelle del fondo: la 50 chilometri di Holmenkollen nel marzo del 1997.

«Holmenkollen, il tempio del fondo per eccellenza. Un tempio che negli ultimi anni la Fis ha sconsacrato: prima riducendo il mitico giro da 25 chilometri a 16,7, poi a 10 per arrivare a cancellarlo dal calendario. È vergognoso che non si corra a Oslo, lo ho fatto presente ai vertici della federazione internazionale».

La medaglia mondiale più bella?

«Senza dubbio l’oro nella 15 chilometri di Oberstdorf: perché arrivavo da un periodo non super, perché l’oro è l’oro e perché secondo arrivò Fulvio Valbusa per un trionfo azzurro davvero importante».

La medaglia olimpica più bella?

«Sono combattuto tra il bronzo nel Pursuit di Torino, la prima individuale, e l’argento nella 15 chilometri di Vancouver, la medaglia della consapevolezza».

A Torino 2006 arrivò anche l’oro in staffetta.

«Memorabile. Anche se noi quattro (c’erano Fulvio Valbusa, Giorgio Di Centa e Cristian Zorzi, ndr), siamo consapevoli che l’oro di Lillehammer 1994 ha un qualcosina in più».

Sulla 50 km di Torino - vittoria di Di Centa, quinto posto tuo - diciamo qualcosa?

«No dai (sorride, ndr). Oggi festeggiamo e basta».

Chi ti ha ispirato?

«Lo svedese Gunde Svan, un atleta dalla classe sopraffina».

Il fondo attuale e a quello che potrà essere..

«Non abbiamo il bacino di atleti che ha la Norvegia, stiamo vivendo un momento difficile. Dobbiamo essere bravi e uniti a lavorare per risalire tutti insieme». 

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