Stach: «Il futuro è una sinergia col Trevigiano»

Il tecnico dell’Ana: «Sarebbe stimolante fare una parte di attività giovanile con altre zone»
Di Raffaele Scottini

FELTRE. Una buona preparazione atletica, si sa, è fondamentale per raggiungere il successo in ogni sport e per vincere bisogna sviluppare una mentalità vincente. Quando si parla di atletica leggera, la "mentalità atletica" va alimentata e per farlo c'è bisogno di rendere i giovani in pista più protagonisti. «Per far crescere l'atletica in provincia bisogna trovare forme più produttive di partecipazione, che significa coinvolgere gli atleti in modo più profondo».

La pensa così Valerio Stach, che è in pista da una vita, come atleta, allenatore e presidente dell'Ana Feltre dal 2008 al 2016 per due mandati.

«Ricordo quando per i giochi studenteschi a Belluno, l'istituto Colotti si svuotava con corriere di studenti che andavano a fare il tifo e chi era in campo a gareggiare era un protagonista».

Stach ha lanciato anche l'idea di formare una sinergia con il trevigiano.

«Uno dei suggerimenti che ho dato è quello di un collegamento con Treviso per fare una parte dell'attività giovanile insieme. Potrebbe dare una stimolazione molto importante ai ragazzi, che hanno bisogno di confrontarsi a livelli sempre più alti, non solo dal punto di vista qualitativo ma anche quantitativo».

Com'è messa l'atletica bellunese?

«Non siamo gli ultimi del Veneto e nemmeno i penultimi. L'atletica bellunese evolve se i gruppi consolidati mantengono la continuità e se viene stimolata l'attività nelle aree ancora un po' scoperte. Ci sono delle zone che potrebbero svilupparsi, tipo Alpago e Agordino».

Atleta, allenatore, presidente dell'Ana Feltre. Partiamo dal primo approccio con l'atletica, quando è avvenuto?

«Alle medie, con il professor Attilio Tazzer che per me è stato fondamentale. Il primo contatto c'è stato con i giochi della gioventù. Mi sono qualificato nel getto del peso alla fase nazionale e da là è partito il percorso, molto lungo. Sono in questo mondo da 45 anni, anche come genitore e insegnante di Scienze motorie».

L'atletica è cambiata rispetto a quando hai iniziato?

«Allora era molto diversa. Era uno sport assolutamente scolastico. C'era una società, il Csi atletica Feltre, e si faceva attività Federale e col Csi: là le prime gare, ma attrezzatura e allenatori zero ed eravamo un po' autodidatti. Però erano gli anni in cui il movimento feltrino ha espresso dei talenti, prima legati al cross - Bonan, Tomasella, Agnese Possamai - poi anche nelle altre specialità, basti pensare al saltatore Eugenio Mares. Dopo che questa società si è sciolta, abbiamo fondato l'Atletica Feltre poi diventata Ana con il succedersi dei presidenti Bonzo, Biacoli, Sommacal, Santomaso, Tarulli, io e adesso Biesuz».

Che atleta sei stato?

«Ho avuto un'esperienza prettamente scolastica, con il grande Colotti alle superiori, dove chi non faceva sport veniva mal considerato. C'è stato l'incontro con il professor De Cian, che era un grande maestro. Facevo il getto del peso, non ero un big ma nei primi tre del Veneto. Le cose che mi hanno dato più soddisfazione però sono state aver saltato la mia altezza, 1 metro e 80 in alto, e aver fatto la maratona, che ho corso nel 1991 a Venezia in 3 ore e 20 minuti. Era il sogno della mia carriera».

Poi il ruolo di tecnico, com'è stato il percorso?

«Finita la fase della grande Atletica Feltre con i vari Bellotto, Zatta, Santomaso, ottimi lanciatori come Pauletti, Costa, Gorza, e mezzofondisti come Johnny Schievenin, c'è stato un ciclo discendente quasi con un azzeramento dell'attività. Erano i primi anni 90 quando ho cominciato a farmi carico come responsabile tecnico della società e ci ho messo l'anima. Abbiamo subito trovato gli stimoli, pur lavorando in un ambiente privo di strutture, per cui non era facile allenarsi. Ho sempre creduto in un'atletica di gruppo, quindi ho valorizzato molto i campionati di società, dove bisogna formare squadre. Come tecnico ho sempre messo davanti la persona più che l'atleta».

Quali sono stati gli atleti più forti che hai allenato?

«I due che avevano spiccate qualità sono Francesca Dallo, che ha vinto due titoli italiani nei 100 e 200 metri da Allieva ed era fortissima fin da bambina, ed Emilio Perco nel mezzofondo, che invece da ragazzo era uno dei tanti ed è esploso dopo. Attualmente c'è Ilaria Fantinel, che ha vinto il titolo italiano di cross Juniores, è andata in nazionale e ha fatto gli Europei. Comunque non sono atleti solitari, ma il simbolo di un'attività di gruppo».

Hai passato il testimone dopo otto anni al timone dell'Ana, com'è stato il periodo da presidente 2008-16?

«Difficile, perché non è possibile che in un'associazione il ruolo politico si sovrapponga a quello tecnico. Da presidente sono riuscito a dare continuità a un ciclo virtuoso, che era iniziato qualche anno prima, dopo il fallimento della collaborazione con l'Atletica Dolomiti».

Quali sono state le soddisfazioni?

«La gratificazione è stata di aver conosciuto persone molto generose e appassionate che ci hanno dato una mano. È da diversi anni che non abbiamo nessuna forma di sponsorizzazione, se non piccoli aiuti che qualche feltrino ci dà. Altra gratificazione è essere riuscito a rapportarmi in modo sempre costruttivo con le amministrazioni comunali che si sono succedute, per cui siamo riusciti a realizzare la pista di atletica allo Zugni Tauro e la sala attrezzata. Queste due strutture in combinazione hanno dato un input molto importante. Sono soddisfatto anche perché siamo riusciti a consolidare una struttura tecnica di livello e a questo proposito voglio ricordare la figura di Romeo Dilli».

E il rammarico più grande?

«Non essere riuscito a organizzare la società sotto l'aspetto amministrativo: se siamo migliorati da questo punto di vista del 10 per cento, le richieste federali sono aumentate del 70 e siamo stati un po' in difficoltà. Adesso c'è stato il cambio alla presidenza, necessario e produttivo perché Biesuz sta lavorando bene sull'organizzazione».

Per continuare a correre sempre più veloce a livello societario servono anche impianti all'altezza, com'è messa la pista dello Zugni Tauro?

«Deve essere rifatta. Stiamo ragionando se riproporre nel 2017 il "Memorial Dilli" perché ormai la pista è in condizioni poco proponibili. Comunque mi sembra che l'amministrazione abbia inserito nel bilancio questo intervento».

L'atletica ti ha dato più di quello che hai dato tu all'atletica?

«Forse siamo alla pari. Mi sento di aver dato tanto e di aver ricevuto tanto. In più ho avuto il grande piacere di veder crescere mia figlia Marta come atleta e anche questo particolare mi ha fatto crescere».

Com'è il rapporto tra la scuola e lo sport?

«La scuola fa qualcosa perché è collegata con le Federazioni, ma per tanti problemi ha rinunciato a una sua progettazione e ha perso l'identità sportiva».

Snodo cruciale è il passaggio dalle superiori all'università, in cui tanti atleti prendono una strada diversa.

«Ho fatto la tesi per il diploma di tecnico specializzato di terzo livello sulla valorizzazione dell'atleta medio ed è ormai assodato che chi vince le medaglie alle olimpiadi non le ha vinte a livello giovanile. Negli altri paesi d'Europa riescono a farlo, non in Italia. Bisogna trovare le forme di partecipazione legate all'atleta di medio-alto livello, senza andare sempre in cerca delle stelle e pensare che la stellina che magari è un extracomunitario naturalizzato sia quello che risolve tutto».

Tornando all'Ana Feltre, com'è andata l'ultima stagione?

«Siamo stati bravi con i Cadetti e le Cadette ottenendo buoni risultati e molto bravi dagli Allievi in su. Siamo riusciti a essere presenti alle finali nazionali dei Campionati di società con gli Allievi e anche con gli Assoluti, cosa che non succedeva da 40 anni. Abbiamo vinto individualmente due titoli italiani nel cross con Ilaria Fantinel a livello Junior e con la staffetta, che ha un valore simbolico enorme perché la squadra che vince è quella che ha atleti in un arco di età che va dai 15 anni ai 35: un Allievo, un Junior, una Promessa e un Senior».

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi