Stina Nilsson dallo sci di fondo al biathlon? «Ci vorranno due anni per arrivare al top»

Vittozzi: «È un attestato di stima per il nostro circuito, ma non sarà una passeggiata. Non basta andare forte con gli sci»

Ilario Tancon / Belluno

In queste settimane nel mondo delle discipline nordiche fa un gran discutere la scelta della svedese Stina Nilsson di passare dallo sci di fondo al biathlon. Una decisione che ha acceso il dibattito, perché la ragazza scandinava non è una qualunque. Ventisette anni (il 23 giugno), Stina è una delle migliori al mondo, soprattutto in ambito sprint: nel suo palmarès figurano 5 medaglie olimpiche (due individuali e tre nelle gare a squadre), 7 medaglie mondiali (2 individuali e tre a squadre) e 15 vittorie in Coppa del mondo (dodici individuali e tre in gare a squadre).

Qualche riflessione l’ha imposta anche Federico Pellegrino: interpellato sul tema, lo sprinter valdostano, oro mondiale e argento olimpico nella sprint, ha rivelato di essere stato tentato di passare al biathlon se le cose ai Giochi di Pyeong Chang (dove vinse appunto l’argento) non fossero andate bene.

Che pensa di tutto ciò Lisa Vittozzi?

«Innanzitutto, penso che l’interesse dimostrato per il biathlon da due atleti di spessore come Nilsson e Pellegrino sia un bell’attestato di stima nei confronti del nostro sport, la certificazione che il biathlon è cresciuto tanto, che è attraente, allettante», dice la biathleta sappadina. «Per quanto riguarda nello specifico la scelta della Nilsson, è una scelta che apprezzo: immagino che, avendo avuto tantissimo nel suo sport, voglia porsi una nuova sfida, provare qualcosa di nuovo, mettersi alla prova. Non sarà comunque una passeggiata: anche se a sciare sei fortissima, abbinare agli sci il tiro non è facile, come dimostra anche un’altra atleta passata dal fondo al biathlon, la tedesca Denise Herrmann. Credo ci vogliano almeno un paio d’anni per arrivare a un livello buono. Certo, magari potrà azzeccare una singola gara, ma la costanza ad alto livello è un’altra cosa».

«Saranno necessari due, anche tre anni perché la Nilsson possa esprimersi ad alti livelli», conferma Giuseppe Piller Cottrer, biathleta in passato, ora coordinatore scuola tecnici federali Fisi e commentatore Rai agli ultimi mondiali di biathlon ad Anterselva. «Non è solo questione di acquisire determinati automatismi al tiro ma anche di sapere gestire il poligono livello emozionale. Immagino comunque che la Nillsson non sia del tutto digiuna di biathlon: il sistema scandinavo a livello giovanile è infatti multidisciplinare».

«Fino a qualche anno fa poteva essere relativamente più facile passar dal fondo al biathlon», aggiunge Pierluigi Costantin, il tecnico zoldano delle Fiamme Oro che qualche anno fa, dopo un’ottima carriera da atleta come fondista, ha lavorato per due stagioni nello staff azzurro del biathlon. «Oggi il livello del biathlon si è alzato parecchio e per i fondisti che entrano nel nuovo mondo il problema più grande credo sia quello della velocità di esecuzione. Sono davvero curioso di vedere cosa potrà fare la Nilsson ma temo che per il primo periodo rischi di rimediare una ventina di secondi ogni poligono da un’atleta come la Wierer che è capace di fare dai 6” ai 10” meglio delle avversarie più forti».

«Scelte come quella della Nilsson testimoniano comunque la grande ascesa del biathlon», dice ancora Costantin. «Per tornare a recuperare interesse il fondo dovrebbe provare a prendere spunto: meno tappe di Coppa del mondo ma più lunghe, puntare meno sulla quantità e più sulla qualità».

«Il biathlon indubbiamente sta crescendo, anche a livello giovanile» dice Pietro Fontana Hoffer, responsabile tecnico del biathlon di Fisi Veneto. «Credo che fino alle categorie dell’aria compressa, quindi attorno ai 15 anni, un ragazzo possa praticare l’uno e l’altro. Poi, con il passaggio alla calibro 22, occorre scegliere». —

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