Un comeliano fa volare la Vlhova. «Il mio percorso iniziò in Australia»
La storia di Matteo Baldissarutti, uno dei coach della fuoriclasse.
«L’incontro con il capo allenatore Livio Magoni mi ha cambiato la vita»
Matteo Baldissarutti è di casa a Cortina. Nato a Santo Stefano 41 anni fa, l’allenatore e skiman di Petra Vlhova conosce bene l’Olympia delle Tofane anche se, allo stato attuale, non sa ancora se sarà presente nel weekend in occasione della tappa di Coppa del mondo. Giramondo dello sport, Baldissarutti ha scelto di trasformare la sua grande passione per lo sci e la neve in una professione. È così che, qualche annetto fa, ha deciso di trasferirsi in Australia, in un paese poco avvezzo allo sci d’elite ma all’avanguardia su tutti i fronti come l’Australia.
Partiamo da qui: perché l’Australia?
«Sono cresciuto con gli sci ai piedi tra Padola e Domegge, poi ho deciso di recarmi all’estero principalmente con l’obiettivo di imparare, bene, la lingua inglese. Ho scelto l’Australia. Il mio percorso di crescita, sia umano che professionale, è iniziato laggiù».
A cambiare ogni scenario, in maniera anche inattesa, l’incontro con Livio Magoni.
«Nello sport più che in altri ambiti la casualità, o forse l’empatia, diventa determinante. Così è stato anche per me. Dopo l’esperienza in Australia ho avuto la possibilità di lavorare con le nazionali di Polonia e Giappone. Un giorno, incontrando in una tappa di coppa del mondo Livio Magoni, è stato lui a fermarmi per chiedermi se volevo andare a lavorare con lui. Questo quattro anni fa. Livio non ha bisogno di presentazioni, mi ha voluto nel suo team che già lavorava con la Vlhova. Da lì la mia vita, anche in questo caso sia umana che professionale, è cambiata completamente».
Che significa lavorare quotidianamente al fianco di un’atleta come Petra Vlhova?
«È un’esperienza di crescita continua. Per me è stato fondamentale. Sono passato dal lavorare con atlete il cui obiettivo era entrare nelle prime trenta del mondo, ad un’atleta che ha come obiettivo la vittoria in Coppa del mondo. Il mio lavoro, ma anche il mio modo di pensare e vedere le cose è stato letteralmente stravolto. Il mio percorso di crescita lo considero incredibile. Lavorare con atleti di questo calibro ti aiuta a crescere, anche solo restandoci cinque minuti a parlare».
Raccontaci il dietro le quinte di un team che lavora per un’atleta di punta del carosello sciistico mondiale.
«Siamo una squadra a tutti gli effetti. Si lavora di squadra, come uno staff tecnico di una squadra di calcio per intenderci anche se numericamente non siamo tanti. C’è un capo allenatore e poi c’è il resto dello staff di cui faccio parte col doppio ruolo di allenatore e skiman. Mi occupo anche della cura dei materiali. È un lavoro molto impegnativo, il tempo libero è poco. Quando posso torno a Santo Stefano, soprattutto in estate. Mi bastano anche pochi giorni, il necessario per rigenerarmi staccando la spina. Solitamente non riesco a stare più di una settimana. Siamo costantemente in viaggio, non abbiamo una sede fissa, un quartier generale. I tempi sono cambiati, un tempo facevamo base a Vipiteno, adesso le cose sono diverse. La Vlhova è un’atleta che si misura su più discipline, questo complica ulteriormente le cose. Mi diverto ma la fatica non manca. Quando non sono in pista o in palestra, lavoro da casa».
Cosa bisogna aspettarsi dalla tappa di Coppa del mondo a Cortina?
«Organizzazione al top e pista stupenda. Le previsioni meteo poi saranno perfette. A completare il quadro ci sarà il ritorno del pubblico. Personalmente spero di esserci anche perché in questi giorni sono a casa. Bisognerà ancora decidere se Petra gareggerà o meno, una decisione verrà presa all’ultimo. In discesa non ci sarà sicuro, le valutazioni sono concentrate attorno al superG. La pista di Cortina è impegnativa ed all’orizzonte c’è Pechino, dove Petra proverà a conquistare una medaglia».
Chiusura dedicata a chi?
«A mia moglie Cristina, che è di Auronzo, che presto diventerà mamma. Mi piacerebbe vincere una medaglia alle Olimpiadi, per dedicarla a lei ed alla nostra bambina. Il fatto che diventerò presto padre mi porterò inevitabilmente a fare alcune valutazioni sul futuro professionale. Ma è ancora presto per parlarne».
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