Una “rivoluzione” ideata da Renzo Mattei

Nel 1974 un gruppo di temerari si impadronì del Polisportivo, che era un tempio assoluto del calcio
Di Giovanni Viel

BELLUNO. E sono quaranta gli anni della 24 Ore di San Martino, il classico ed irrinunciabile appuntamento che è, probabilmente, la più grande “rivoluzione” dello sport bellunese. Erano gli anni d’oro del Calcio Belluno di serie C e per gli altri sport erano scarse anche le briciole.

La protesta parte dal basso. L’indimenticato presidente degli sport invernali del Veneto, Renzo Stefano Mattei, raduna attorno ad una proposta singolare, dirigenti di vari sport oltre le punte dell’atletica e del podismo cittadini. Il 10 e 11 novembre 1974, appena terminata la partita tra il Belluno ed il Sant’Angelo Lodigiano, l’atletica e gli altri sport cittadini “prendono possesso” del Polisportivo (praticamente l’uso era interdetto…): scavalcano le recinzioni e posizionano lungo la pista alcune torce casalinghe fatte di segatura e stracci imbevuti di nafta per rischiarare appena, tra il fumo acre e pesante che emanano, l’incedere dei corridori. Che sono 24, ed a ciascuno spetta correre per un’ora.

La formula è quella mediata da analoga manifestazione che, da qualche anno, gli appassionati milanesi organizzano all’Arena napoleonica, così come quelli di Verona sulla pista dell’impianto del Basso Acquar. Altre esperienze, in quegli anni, anche a Bologna, a Pavia, ad Asti. E ora anche Belluno.

Alle 17 in punto è Giulio Pavei, maratoneta innovativo di quegli anni, ad inaugurare la Maratona di San Martino: chiuderà con un ottimo 16,700. L’ultima ora sarà del talento emergente Dino Tadello, con uno strepitoso 17,250. Gli altri 23 corridori – i mitici “titolari” – appartengono a Vigili del Fuoco, Bes, Schiara, Ana e altri Club cittadini: Beniamino Sitta, Luigino Dal Molin, Franco Carazzai, Franco Dall’O, Luigino Bristot, il ciclista Giovanni Knapp, Roberto D’Incà, Andrea Moro, Luciano reolon, Luigi Zampieri, Luigino Viel, Ugo Michielotto, Lino Zandomenego, Vanni Lucchitta, Ennio Cugnach, Ugo De Bon, Maurizio Da Rold, Rino Fusina, Andra Fiabane, Dario Tormen, Demetrio Rela ed Ivan Ducapa.

Alla fine grande fiaccolata di atleti ed organizzatori, con amici e sostenitori, sfilano per le vie cittadine e fino a Sopracroda dove, nel salone della Cooperativa, ospiti del presidente Roni e del cav. Cavalet, si erano radunati le autorità comunali con il sindaco Giuseppe Viel e gli assessori Crema e Dal Mas, ai quali viene ufficialmente consegnato da Mattei il “foglio bianco” con gli “undici comandamenti” sui quali basare il riscatto dello sport cittadino, diverso dal calcio. Testimoni importanti: il sen Arnaldo Colleselli e Giovanni Fontana per il Comitato di Quartiere e gli alpini.

La “rivoluzione” aveva colpito; poi, la storia sportiva di Belluno dirà anche come.

Dino Tadello è stato l’atleta simbolo della manifestazione: oltre ad essere stato il primo recordman, nel 1981 fu anche il primo atleta a violare la soglia dei 19 km, mentre è stato il forestale carnico, Oswald Puntel, nel 1978, a raggiungere il limite dei 18.

Tra le donne si è passati dai 13,050 della bravissima ragazza di Bes, Andreina Fagherazzi nel 1975, ai 17,169 della trevigiana Ornella Cadamuro, mentre la miglior prestazione maschile è ancora quella di Said Boudalia che, nel 2007, sfiorò i 20 km in un’ora (19,972); entrambi i primatisti erano con la Pro Loco Trichiana.

Tra le squadre – dove la partecipazione fu meglio strutturata a partire dal 1978, dove a vincere furono i cadorini del “Gm Calalzo” – resiste il record di 436, 594 km messi assieme, nelle 24 ore, dalla “Pro Loco Zumellese/Bar da Geppo Zelant”.

Il grande merito di aver perpetrato il mantenimento e la costante evoluzione della manifestazione va però, indubbiamente, al Gp Vescovà ed al suo presidente, Dino Fasolo che, a parte tre anni, dal 1981 (prima assieme anche ai Cronometristi) ad oggi guida l’organizzazione della manifestazione, rimasta la più antica e classica “24 Ore” d’Italia.

Una manifestazione che, all’aspetto meramente sportivo, ha saputo aggiungere altri valori come solidarietà, impegno verso i bisognosi e aggregazione negli stand dove si mangia pan e salame tra amici.

La “rivoluzione” si è compiuta negli anni, ma la festa e l’amicizia sono oggi la molla che spinge ancora centinaia di atleti a misurarsi con se stessi in una dolce tortura lunga un’ora correndo, più o meno forte, lungo un anello di 400 m.

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