Virginia De Martin, la svolta dopo il ritiro In Norvegia a costruirsi il futuro

L’ex azzurra di Padola ha preso aspettativa dal gruppo carabinieri e sta frequentando un master in fisiologia dell’esercizio

Ilario Tancon Trondeheim

Lo scorso anno, di questi tempi, ai campionati italiani di Campo Carlo Magno, Virginia De Martin dava l’addio alla sua carriera agonistica. A un anno di distanza, l’ex fondista azzurra è in Norvegia, a Trondeheim, una delle culle dello sci nordico. Intelligente, brillante, sempre desiderosa di capire e approfondire, la ragazza di Padola, laureata in Scienze motorie all’Università di Verona, ha preso aspettativa dai Carabinieri ed è volata in Scandinavia per frequentare un master (l’equivalente di una laurea specialistica) in fisiologia dell’esercizio. Un lungo periodo di studi per costruirsi un futuro dopo i tanti anni passati a gareggiare in giro per il mondo, tra Coppa del mondo, Mondiali e Olimpiadi.



Iniziamo con il futuro.

«Non so con certezza come metterò a frutto i miei studi. Ci sono diverse opportunità e tengo aperte molte porte, sia perché i miei interessi spaziano notevolmente, sia perché in questi tempi incerti è difficile fare progetti a lungo termine».

Oltre alla laurea in scienze motorie e al master che stai frequentando, ci sono anche i ruoli ricoperti all’interno della Wada (agenzia mondiale antidoping) e nella Fis, come rappresentante degli atleti. Come ti vedi “da grande”? Allenatrice? Insegnante? Organizzatrice di eventi? Dirigente?

«Al momento ricercatrice. Ma un buon ricercatore ha bisogno di continui spunti e input dal “mondo reale”, perciò una collaborazione con atleti sarebbe l’ideale».

A un anno di distanza dall’addio all’agonismo, come giudichi la tua carriera? Nostalgia?

«Dall’ultima gara la mia vita è stata un susseguirsi di novità e cambiamenti, che a dire il vero non mi sono presa il tempo di tirare le somme e riflettere con sufficiente profondità sul significato della mia carriera. Tuttavia, mi rendo conto molto spesso, e a maggior ragione nei momenti più stressanti, di quanto lo sport agonistico abbia plasmato la mia personalità, le mie attitudini e la mia capacità di affrontare le difficoltà. Di sicuro l’aver conosciuto e condiviso esperienze con persone provenienti da varie parti del mondo è una ricchezza incommensurabile. Però nessuna nostalgia. Faccio attività fisica ogni giorno, ma con l’unico obiettivo della salute, gareggiare non mi manca. Che cosa non rifarei? Ho fatto innumerevoli errori durante questi anni e molti dovuti a decisioni prese “di pancia”, quando avrei dovuto essere più razionale e analitica. D’altra parte, lo sport ai massimi livelli pone sotto stress non solo il fisico, ma anche la mente; e spesso avere uno sguardo obiettivo diventa un’impresa titanica».



Nel dicembre 2010, al tuo primo anno in Coppa del mondo, sei salita sul secondo gradino del podio in staffetta, insieme ad Arianna Follis, Marianna Longa e Silvia Rupil. È il tuo unico podio in Coppa. Che cosa ti è mancato per conquistare altri, in Coppa o ai Mondiali?

«La prestazione ad alti livelli è un meccanismo estremamente complesso, in cui aspetti fisiologici e psicologici si intrecciano continuamente. Nei primi anni probabilmente l’assenza delle big, Follis, Longa, Genuin, ha rallentato la nostra crescita, ma anche in seguito è mancato il passo decisivo per un costante rendimento ai massimi livelli. Per salire sul podio in Coppa del mondo devi girare nei paraggi e non ho mai raggiunto la costanza per competere per le prime posizioni con continuità. Non saprei però dire cosa mi sia mancato in particolare».

Come hai visto lo sci di fondo internazionale in questo inverno?

«Il Tour de Ski mi ha di nuovo appassionata, segno che probabilmente sono state fatte le scelte giuste da parte della Fis al riguardo. Restano ancora moltissimi problemi e non si può negare che lo sci di fondo sia uno sport che sta soffrendo enormemente in questo momento, sia per il cambiamento climatico e sia per l’incapacità di adeguarsi in tempi brevi alla richiesta del mercato che cambia velocemente».



Il biathlon invece continua a crescere.

«Per tornare a essere interessante, il fondo può copiare dal biathlon la semplicità dei format di gara, facilmente comprensibili per l’audience, e un calendario con appuntamenti ricorrenti e in località dedicate, che diventano eventi a tutto tondo, non solo gare di sci»

La svedese Stina Nillson ha deciso di lasciare il fondo per il biathlon …

«Se la guardo con gli occhi dello sci di fondo vedo una grossa perdita per lo sport, ma dal punto di vista dell’atleta la trovo molto interessante. Stina Nilsson è la fondista svedese che detiene il maggior numero di successi individuali di primo livello: trovare la motivazione necessaria per ripetersi potrebbe essere diventato difficile e cimentarsi in una nuova sfida potrebbe darle lo spunto giusto. Non ho alcun dubbio sulla sua riuscita. In più, il biathlon sta diventando uno sport sempre più seguito, perciò questo potrebbe tradursi in positivi risvolti a livello di notorietà».

Come vedi il movimento italiano giovanile del fondo?

«Ai Mondiali Juniores e Under 23 abbiamo conquistato quattro medaglie. Ci sono atleti e soprattutto personalità molto interessanti e sono certa ci faranno divertire negli anni a venire. A dire il vero mi piace il movimento Junior e Under 23 non soltanto a livello italiano, ma a livello mondiale: si notano svariate nazioni a contendersi la vittoria e sembra ci sia una breccia nello strapotere norvegese, il che potrebbe rendere i prossimi anni di Cdm molto appassionanti». —

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