Alpago, cento anni del “Dolada”: «Stellati da mezzo secolo, e non è finita...»
Una lunga storia per l’albergo ristorante della famiglia De Prà: «Lo costruì Luigi per dare un futuro ai dodici figli»
PIEVE D’ALPAGO. Un centenario sinonimo di amore per il territorio, tradizione e buona cucina. Era il lontano 1921 quando la famiglia De Prà decise di costruire l’albergo ristorante Dolada, alle pendici dell’omonimo monte che sovrasta la frazione di Plois di Pieve d’Alpago. Di anni ne sono passati, ma niente e nessuno ha fermato i De Prà, che ancor oggi portano avanti una ricercata attività culinaria, premiata da oltre 50 anni con la stella Michelin.
Confcommercio Belluno ha consegnato a Rossana Roma, che oggi, insieme al marito Enzo De Prà, aiuta il figlio Riccardo nella gestione del Dolada, una pergamena per ricordarne i 100 anni di storia. «Siamo molto orgogliosi di questo riconoscimento«, sottolinea proprio Rossana, «viene premiata la nostra lunga tradizione, i nostri sforzi e il forte legame con il territorio. La ristorazione è un percorso di sacrificio e richiede tanto lavoro. Abbiamo avuto tante proposte di spostarci da altre parti e lasciare Plois ma noi siamo profondamente legati a questa terra».
Tutto è nato nel 1921 per intuizione di Luigi e Clara, che periodo era?
«I De Prà possedevano molti terreni e proprio su uno di questi si è deciso di costruire un albergo. Luigi era padre di dodici figli e voleva garantire loro un futuro con questa attività. L’Alpago a quel tempo era meta di villeggiatura, soprattutto di benestanti veneziani. Proprio tre di questi dodici figli decisero di portare avanti l’attività fino a quando mia suocera, appassionata di cucina, prese in mano insieme al marito l’albergo».
Ed ecco che con il passare degli anni il Dolada diventa proprietà di Enzo...
«Enzo ha passato un periodo in Svizzera ad imparare l’arte della cucina insieme al fratello Corrado. Sarà proprio quest’ultimo a tornare ed a sviluppare il ristorante con cucina francese e indonesiana. Le strade non erano asfaltate, l’albergo isolato, però questà novità fece aumentare la clientela. Poi nel 1966 tocca a mio marito, nel 1970 ci sposiamo e a fine anno arriva la stella Michelin».
Un prestigioso riconoscimento che vi viene confermato ormai da 50 anni.
«Speriamo sia così anche quest’anno. Questo premio attira molta gente verso la nostra cucina. Un ristorante stellato è una sorta di garanzia, siamo molto fieri del fatto che ci venga sempre riconfermata e soprattutto ci piace vedere che la gente torna volentieri da noi, vuol dire che ne vale la pena. La nostra realtà è particolare, chi vuol mangiare qui deve venire apposta per quello».
Negli ultimi anni è vostro figlio Riccardo a gestire il tutto.
«È uno chef bravissimo, ha studiato in giro per l’Europa. Anche mia figlia Benedetta collabora nell’albergo mentre io sono donna di sala e sommelier professionista. Mio marito, invece, ora si dedica alla cura dei prodotti, dal miele, all’aceto balsamico passando per l’orto».
Sono anni difficili per la ristorazione, soprattutto durante il Covid, come avete vissuto questo periodo particolare?
«Non abbiamo mai mollato e l’idea di farlo non ci è nemmeno passata per la testa. Ci siamo adattati a quelle che erano le regole. Certo eravamo sconfortati, era difficile seguire tutto. Ci siamo preoccupati molto per il nostro personale, sono cresciuti insieme a noi, sono stati bravi, hanno stretto i denti e fatto qualche sacrificio».—
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