Belluno: estorsioni ai preti, condannati due nomadi
Mano pesante dei giudici su una coppia di nomadi bergamaschi

L’interno di un’aula penale di un palazzo di giustizia
BELLUNO. Si fingevano devoti con un debito di riconoscenza verso la Madonna e si offrivano gratuitamente per restaurare, argentare o dorare antichi oggetti e paramenti sacri di chiese, basiliche e monasteri: al momento di restituire gli oggetti però pretendevano di essere pagati dai sacerdoti. Furono, per la maggior parte, alcuni parroci del Trevigiano a finire nella rete degli estorsori. Ma tra loro c'erano anche due preti bellunesi: don Danilo Dalla Rizza, parroco di Mussoi, e don Pietro Viscolani, parroco di Rocca Pietore. Due dei quattro componenti della banda delle estorsioni ai preti, una coppia di nomadi residenti nel Bergamasco, sono stati condannati in rito abbreviato dal tribunale di Treviso. Due anni e 8 mesi ad Andrea Hudorovich, classe 1973, ed un anno e 8 mesi al padre, Silvio Hudorovich. Il processo ai due presunti complici, Tommaso Iaquaniello, classe 1950, e Giulio Franzoso, classe 1944, prosegue a fine maggio con rito ordinario. «Sono un miracolato e per ringraziare la Madonna, che mi ha salvato da un grave incidente motociclistico, voglio prestare gratuitamente la mia opera a favore della chiesa. Sono particolarmente bravo a restaurare, argentare o dorare gli oggetti sacri. Voglio farlo per la vostra basilica». Si presentava in questo modo ai sacerdoti del Triveneto Andrea Hudorovich, capo di un gruppo di nomadi. Al momento della restituzione degli oggetti sacri però arrivava la minaccia: quella che doveva quindi essere una prestazione gratuita si trasformava per i poveri prelati in una minacciosa ed esorbitante richiesta di compenso. A finire nella rete dei parroci truffati anche quello di Mussoi (parte civile con l'avvocato Giuseppe Triolo), che sborsò 2000 euro, e quello di Rocca Pietore con 25.000 euro estorti. Il parroco di Mussoi è stato poi risarcito con una cifra superiore a quella sborsata. I fatti avvennero tra il novembre ed il dicembre 2009. Le forze dell'ordine, all'epoca in cui scattarono gli arresti, recuperarono il patrimonio della banda, sequestrando un terreno, un appartamento con annesso garage e un conto corrente con un saldo attivo di circa 10.000 euro.
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