Dall’Emilia a Padola passando per la Cina
Stefano Zanella ha lasciato il suo locale nel Guangdong: «Qui ho fatto il militare, il Comelico mi è rimasto nel cuore»
COMELICO SUPERIORE . La passione per la cucina è scoppiata in Cina, ma ora Stefano Zanella, originario di Reggio Emilia, ha scelto il Comelico per aprire una attività dedicata alla buona tavola.
Originario di Cadiroggio di Castellarano (Reggio Emilia), a lungo attivo a Foshan nella provincia del Guangdong in Cina, questo oste ha aperto infatti la sua nuova attività, “Zio Stefano, cucina casalinga e pizza”, insieme alla moglie Song Quin, in via Monte Croce 45 a Padola.
Partiamo dal nome, perché proprio “Zio Stefano”?
«Per far capire da subito ai nostri clienti – risponde Stefano, col il suo simpatico accento emiliano – che questo è un luogo familiare, con prodotti genuini, molti fatti a mano da noi, ed un ambiente accogliente ed ospitale, dove si mangia bene, ma soprattutto si sta bene in compagnia».
Cosa si mangia in particolare?
«La pasta fatta in casa come una volta, ad esempio: ravioli, tortellini, tagliatelle, lasagne; poi il pane sempre fatto da noi, quello delle colline modenesi, le tipiche tigelle emiliane; quindi i nostri sughi, lo stinco di maiale, lo spezzatino, e vari dolci fra cui un tiramisù speciale».
Da dove nasce questa passione per la cucina?
«Io sono nato a Ratringen in Germania nel 1962, perché i miei genitori, originari di Vignola, lavoravano là; ma sono ben presto tornati a vivere in Italia, a Cadiroggio di Castellarano in provincia di Reggio Emilia, dove ho studiato e dove ho iniziato a lavorare. Quella è la zona della ceramica e delle piastrelle, naturale dunque aver iniziato lì come disegnatore tecnico in una azienda che produceva impianti per ceramica. Poi per varie vicissitudini quell’azienda ha deciso di spostare le lavorazioni in Cina e là mi sono trasferito anch’io per gestire l’ufficio tecnico. Il paese di chiama Foshan e si trova nella provincia del Guangdong, dove c’è ormai un vero e proprio distretto cinese delle piastrelle».
Ma l’idea di trasformarsi in cuoco quando è nata?
«Per gioco, invitando gli amici a casa mia e cucinando per loro un po’ di cose tipiche italiane: gli spaghetti con sugo di salsiccia, ad esempio, ed altre prelibatezze della nostra cucina emiliana. E poi la pizza. Tornavo due o tre volte all’anno in Italia ed al rientro la valigia era sempre piena di pasta italiana».
Da qui l’idea di farne un’attività?
«Sì, ne abbiamo parlato con Song Quin, che ho conosciuto nel 2006 su un autobus e che lavorava anche lei presso un’altra ditta di ceramiche e ci siamo detti: “Perché non provare a fare qualcosa in proprio?”. Anche perché vedevo nel frattempo che la mia cucina era particolarmente apprezzata dai colleghi che invitavamo a cena. Così nel luglio del 2010 siamo partiti col nostro ristorante Moka».
Di cosa si trattava?
«Quattro tavoli per 12 posti, sempre pieni grazie al passaparola ed alla nostra decisione di fare tutto in casa, soprattutto la pasta. Ci vuole tempo ed impegno, ma il risultato è ottimo e chi assaggia i nostri ravioli poi ritorna. Abbiamo avuto anche la visita di tv cinesi, ottime recensioni e piano piano ci siamo allargati fino ad avere 24 posti nel 2012, ma oltre non abbiamo voluto andare».
Perché?
«Per mantenere la stessa qualità e cura del cibo che proponevamo».
Quanti piatti avevate nel menù?
«Un centinaio, anche perché Fashon è una cittadina internazionale, con tante etnie diverse. Poi in Cina abbiamo ottenuto diplomi e riconoscimenti ufficiali per il nostro lavoro».
Perché allora tornare in Italia?
«Perché amiamo l’Italia, ed anche per una sfida: per capire se saremmo stati capaci di replicare anche qui il nostro successo di là».
E perché proprio Padola?
«Siamo venuti qui la prima volta per cercare una casa per le vacanze, poi abbiamo deciso di restare a lavorare in Comelico, affidando il nostro ristorante di Fashon a collaboratori fidati che lo mandano avanti. Io avevo fatto il militare a Santo Stefano di Cadore e questi posti mi erano rimasti nel cuore».
E come sta andando?
«Siamo contenti di come siamo partiti: di certo qui tutto appare più complesso, dalla burocrazia alle tasse, se si pensa che in Cina la tassazione è appena al 9%. Ma siamo felici di come siamo stati accolti e voglio ringraziare tanti amici che ci hanno dato una mano e quasi adottato, come Severina, Luca, Beppe, Leanna, Ottavio».
Stefano Vietina
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