I Nomadi: «Salvini? Un nostro carissimo fan. Uno show speciale per gli amici di Falcade»

La band chiude il 26 dicembre il tour per i “55 anni in concerto”. Grandi soddisfazioni e, dopo, un 2019 di riposo  

L’intervista

I Nomadi chiuderanno alla grande i festeggiamenti per i loro 55 anni di attività, il giorno di Santo Stefano, mercoledì 26 dicembre, alle 21, al Palazzetto dello Sport di Falcade – Sala Dolomiti. Beppe Carletti e compagni finiranno il tour “Nomadi tutta la vita – 55 anni in concerto” che hanno portato in giro per tutta Italia, quest’anno.

Beppe Carletti, cosa ci anticipa del concerto?

«Per Falcade sarà uno spettacolo nuovo perché l’ultima volta che ci siamo esibiti lì, nel 2016, c’era un altro cantante, Cristiano Turato, ora c’è Yuri Cilloni. Non è un cambiamento da poco. La gente farà subito confronti, com’è naturale. Da parte mia posso dire che il nuovo cantante ci ha dato molto, è stato un cambiamento positivo che ha portato più carica ed entusiasmo e il pubblico mi sembra che sinora abbia reagito bene. Poi, faremo delle canzoni dell’ultimo disco di inediti “Nomadi dentro” che contiene un nuovo brano che Francesco Guccini ha scritto per noi (“Nomadi”) e una nuova collaborazione con Alberto Salerno (“Terra di nessuno”), autore del testo di “Io vagabondo”. Naturalmente non mancheranno i brani storici».

Il concerto sarà anche un modo per stare vicini ai bellunesi, che hanno sofferto per l’alluvione di novembre?

«Sicuramente, vogliamo essere vicini alla gente di quel territorio che va anche elogiata perché non è stata lì ad aspettare che qualcuno facesse le cose per loro. Ho degli amici che mi tengono informati e non avevo dubbi sull’operosità dei bellunesi. Sono persone che non hanno paura di tirarsi su le maniche. Spero che la nostra musica porti un po’ gioia e che li aiuti a continuare ad essere sempre carichi nel proseguire il lavoro della ricostruzione».

Agli inizi, si sarebbe mai immaginato che un giorno avrebbe festeggiato i 55 anni dei Nomadi?

«No, assolutamente no, ci sarebbe voluta una fantasia da far paura per pensare a qualcosa del genere. Poi quando è scomparso Augusto (Daolio) nel 1992, sembrava che tutto fosse finito. È stato un terremoto in cui è crollato tutto. Poi, quando arrivi a toccare il fondo c’è incredibilmente sempre la possibilità di risalire. Noi l’abbiamo fatto, ci abbiamo creduto e siamo arrivati a 55 anni. Il tempo corre così veloce che nemmeno te ne accorgi, soprattutto quando fai ciò che ti piace, gli anni volano via. Più di mezzo secolo con tutto quello che ci è girato intorno e ci è successo, non è cosa da poco».

Vi ha premiato la coerenza?

«Con Augusto abbiamo scelto di cantare un certo tipo di canzoni agli inizi, i brani di un autore all’epoca sconosciuto ma già geniale, come Francesco Guccini che ci diede “Noi non ci saremo” e “Dio è morto”. E da quel momento abbiamo continuato a rimanere coerenti».

Quando Mogol nel 1967 vi chiese di lasciare perdere Guccini per incidere un album di canzoni sue e di Battisti, avete tenuto duro.

«Ci vuole la faccia per cantare certe canzoni, Augusto aveva la faccia e il carisma giusto per interpretare un certo tipo di canzoni, come quelle di Guccini».

All’epoca i Byrds cantavano Dylan in America e in Italia i Nomadi interpretavano Guccini.

«Sono orgoglioso di questo parallelismo, ma Francesco era veramente il nostro Dylan. Cantare “Noi non ci saremo” nel 1966, una canzone non era da poco. C’è stato qualcosa di grande che ha spinto lui a scrivere determinate cose e noi a crederci. All’epoca i gruppi facevano le cover dei brani stranieri, invece, noi abbiamo scelto di fare canzoni italiane con un linguaggio innovativo».

Con il libro “Io vagabondo. 50 anni di vita con i Nomadi” lei si è tolto anche qualche sassolino.

«Circolavano in giro tante cose su di noi che non erano vere e ho voluto fare delle precisazioni».

Il penultimo cantante vi ha fatto un po’ soffrire?

«Un pochino. Non era male, solo che si è perso nei meandri… E’ andata così».

Propositi per il 2019?

«Abbiamo fatto talmente tante cose negli ultimi due anni che l’anno prossimo ci riposeremo un po’. Poi, le sorprese sono sempre dietro l’angolo».

Salvini quando sente parlare di campi nomadi si agita?

«Appena sente parlare di campi nomadi va là con la ruspa. A parte gli scherzi, è un nostro fan e viene anche ai nostri concerti».

Biglietti: da 30 a 35 euro. —


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