Il marchio "dop" per il miele delle Dolomiti bellunesi
E' stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il regolamento di esecuzione n. 241 dell'11 marzo, relativo alla registrazione della nuova denominazione
BELLUNO. Il Miele delle Dolomiti bellunesi è "dop". Sabato è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il regolamento di esecuzione n. 241 dell'11 marzo, relativo alla registrazione della nuova denominazione. Tale regolamento entrerà in vigore fra 20 giorni ed è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri. Questo è il secondo "dop" in Italia che riguarda il miele (dopo quello della Lunigiana). Grande la soddisfazione dell'Apidolomiti, che da oltre un decennio rincorre questo titolo prestigioso. «Siamo soddisfatti», commenta Roberto Piol, vicepresidente di Apidolomiti a nome anche del presidente Carlo Mistron, ricordando «la grande opera di Ettore Libanora, presidente onorario dell'associazione, che per primo ha avuto l'idea e ha seguito negli anni con tenacia l'iter per giungere al risultato di oggi. Ringraziamo anche la Regione e la dirigente Scudeller che si ha seguito nelle fasi clou di questo processo così importante», sottolinea Piol, che precisa: «Questo marchio rispecchia la tutela verso il consumatore, ma riconosce anche il prestigio e la tipicità del prodotto e del territorio. Per questo sarà necessario istituire un Consorzio di tutela». E di fronte a una mancanza di ricambio generazionale, diffusa nel settore e soprattutto in montagna, Piol auspica che il marchio "dop" «faccia ritornare l'interesse anche nei giovani per l'apicoltura». Ora Apidolomiti attende anche l'arrivo di produttori da fuori provincia. «Basterà che il posizionamento delle arnie e l'intera produzione avvengano in territorio bellunese e che i produttori seguano il regolamento: così facendo, tutti potranno avere il marchio di miele delle Dolomiti dop», spiega Piol. Il vicepresidente non nasconde una preoccupazione: «Ora inevitabilmente i prezzi aumenteranno, visto che tutte le verifiche e analisi sono a carico del produttore. D'altra parte questo marchio certifica che noi realizziamo un prodotto artigianale di qualità». Apidolomiti, nata a Belluno nel 1993, conta 200 soci sparsi in tutta la provincia, circa 3000 arnie e una produzione media annua di miele pari a 900 quintali. Più che soddisfatto l'ideatore del miele "dop" bellunese, cioè Ettore Libanora. «Finalmente abbiamo raggiunto lo scopo. Era ora», commenta compiaciuto. «L'iter era cominciato nel 1997 per ottenere il titolo "igp", ma le difficoltà sono state molte: prima in Regione e poi al ministero», racconta. «Ho dovuto ripresentare la pratica diverse volte perchè era andata perduta e l'ultima volta ho deciso che era meglio puntare in alto, cioè al "dop" piuttosto che all'"igp". Abbiamo dovuto contrastare anche l'opposizione dell'industria agroalimentare, ma abbiamo superato anche questa. È un risultato importantissimo, che ci ha visti lottare da soli: la Provincia non ci ha mai dato risorse, mentre qualcosa è venuto dalla Regione». Compiaciuti anche a Palazzo Piloni: «Con l'ufficializzazione dell'Unione Europea, abbiamo aggiunto un nuovo tassello al grande puzzle che è composto dai prodotti di eccellenza della nostra terra bellunese», hanno commentato il presidente della Provincia di Belluno, Gianpaolo Bottacin, e l'assessore all'agricoltura e al turismo, Alberto Vettoretto. «L'Europa ha riconosciuto il grande valore di una bontà locale che nasce nelle nostre valli», hanno proseguito i due politici. «Dal primo all'ultimo elemento, tutto è "Made in Belluno": dai fiori su cui si posano le api alle tecniche e alla tradizione che vengono utilizzate per la realizzazione del miele, alle mani sapienti di chi lo lavora, infondendo la cultura e la storia bellunese che si tramanda di generazione in generazione». «A chi da sempre lavora per la bontà e la promozione del "Miele delle Dolomiti" va il nostro grazie»,concludono Bottacin e Vettoretto. «Continueremo a valorizzare i prodotti della nostra terra, che sono il volano della nostra economia, non solo quella agricola, ma anche quella turistico-gastronomica». (p.d.a.)
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