L’orgoglio e i ricordi della sua terra: «Dal niente ha creato un colosso»

La cittadina bellunese attende l’ultimo saluto tra aneddoti e qualche incertezza. «Lascia un vuoto enorme». Edi Campedel

per 41 anni in Luxottica:  «Veniva a controllare di persona gli occhiali,   non gli sfuggiva nulla»

 

Marcella Corrà
Mario Zanetti e Nicola Chenet
Mario Zanetti e Nicola Chenet

AGORDO

Sono passate da poco le 12 del “day after” di Agordo, il giorno dopo la morte di Leonardo Del Vecchio. Luigi Francavilla, il vice di Del Vecchio, insieme a lui dal 1968, entra nel bar Il Portico, sulla piazza principale del paese. Gli si fanno incontro e gli stringono la mano il titolare e qualche persona presente nel locale. Il tentativo di chiedergli qualcosa viene subito stoppato: «Non è il momento giusto. Ma vede, sono stato tutta la mattina in fabbrica e sono in contatto via cellulare. Ora mi prendo un momento di pausa».

Si lavora come sempre il giorno dopo la morte del grande imprenditore. Anche il patron di Luxottica frequentava questi locali del centro, molti anni fa, all’inizio della sua avventura industriale ad Agordo e poi nel Bellunese. «Veniva ogni mattina per un caffè», ricordano al bar Centrale, mentre la prima moglie Luciana («persona squisita») faceva la spesa nei negozi attorno alla piazza. Agordo è un paese sotto choc, tramortito. Mario Zanetti è titolare della tipografia Castaldi, una bella azienda con 16 dipendenti che con Luxottica ha sempre lavorato, fin dall’inizio. «Quando ho saputo della morte del cavaliere non sono più riuscito a fare niente, né una telefonata né una lettera da scrivere. Mi sono tornati in mente tanti ricordi, di quando lui chiamava per un ordine o per un rimprovero se qualcosa non andava bene. Era un grande uomo con una enorme personalità e anche molto generoso. Tutti gli anni veniva invitato alla festa della classe, la sua, quella del 1935. Ringraziava sempre in modo simpatico, non ci andava mai ma pagava la cena a tutti».

Se la ricordano ancora, ad Agordo, la Lambretta con cui Del Vecchio arrivò in valle e la piccola fabbrica che nel 1961 mise su in località Valcozzena al di là del Cordevole: «Dal niente ha creato un colosso mondiale, lavorando tantissimo in prima persona. Se c’era qualche macchinario che non funzionava ci metteva le mani lui per primo e non solo all’inizio ma anche negli anni ’80 quando i dipendenti erano centinaia» racconta la signora Case, che ora gestisce il negozio Sport Agordo mentre il marito lavora in Luxottica.

È difficile camminare per Agordo e non imbattersi in persone che sono legate direttamente all’azienda, loro o qualcuno della famiglia. Naturalmente non ci sono giovani in giro, impegnati in un normale giorno di lavoro. Chi è in pensione invece è seduto ai tavolini dei bar della piazza. La notizia del giorno sono i funerali che si terranno domani ad Agordo. Una scelta, quella di celebrare l’ultimo rito qui, che ha prima sbalordito e poi commosso tutti. C’è anche il sindaco Roberto Chissalè, impegnato in telefonate continue. La questura ha convocato un vertice al Palaluxottica dove oggi apre la camera ardente. C’è tanto da organizzare, decisioni da prendere: «Stiamo aspettando disposizioni dalla famiglia e dall’azienda» spiega il primo cittadino, mentre va verso il municipio. «Ci aspettiamo una affluenza enorme». Chissalè ha incontrato Del Vecchio solo una volta, un anno fa, durante una delle sue visite ormai rare allo stabilimento. «Un saluto istituzionale, mi rimane l’orgoglio di avergli potuto stringere la mano». «Questo funerale ad Agordo è il segnale di quanto fosse attaccato al nostro territorio, un segno di vicinanza ad un luogo che ha amato e alle persone che hanno lavorato con lui e per lui». Nella riga di negozi e bar che si affacciano sulla piazza, c’è la profumeria Wanda gestita da Gianna Costa, per dieci anni in Luxottica. «Tutto quello che ha fatto per i suoi dipendenti, era percepito come qualcosa di meraviglioso, molto più di quello che accadeva in tante altre fabbriche. Penso al welfare, ai benefit a favore dei lavoratori e delle loro famiglie. Non deve stupire il fatto che quando partecipava alle grandi feste di Natale venisse accolto con delle vere ovazioni». La morte di Del Vecchio, continua la signora Costa, è una perdita enorme, una assenza. «Sapere che lui c’era, anche se anziano, ci dava sicurezza, ci faceva stare più tranquilli. E non parlo solo dei dipendenti delle sue fabbriche ma di tutto il paese, perché se c’è benessere, c’è per tutti».

Edi Campedel ha passato 41 anni in Luxottica: «Ci sono entrata nel 1969, avevo solo 16 anni e il numero 6 di matricola. Con lui avevamo un rapporto famigliare, ci chiamava per nome, ma noi sempre e solo “signor Del Vecchio”». Un uomo rigoroso, capace, pignolo: «Veniva a controllare gli occhiali e si accorgeva subito di quello che non era perfetto». Poi con il tempo le cose sono cambiate, alla manualità sono subentrate le macchine: «Il lavoro è stato un po’ difficile per me alla fine, beati quei primi anni». Un uomo curioso e brillante, il giudizio ancora del bar Centrale. «Voleva capire perfino come erano organizzate le sagre, era davvero curioso di tutto». Ed ora? La grande domanda. Timori o fiducia? Nicola Chenet è dieci anni in Luxottica. «Per come lo conosciamo, possiamo stare tranquilli». «Penso e spero che abbia messo le cose a posto, che abbia messo le sue aziende al sicuro» aggiunge Edi Campedel. Anche Dino Buttol, per venti anni in azienda, è fiducioso: «Ci ha sempre detto che gli agordini possono dormire sonni tranquilli. Con lui, aggiunge, le lotte sindacali non servivano, lui vedeva e sapeva prima degli altri cosa c’era da dare ai suoi dipendenti».

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